Powered By Blogger

venerdì 11 novembre 2011

SORELLA ACQUA- italiani traditi

Gli italiani sono stati traditi ancora una volta. L'ultimo tradimento nasce dal referendum sull'acqua (sorella acqua come direbbe San Francesco), il prezioso e indispensabile liquido molto reclamizzato durante la campagna referendaria e “dimenticato” solo dopo pochi mesi dal voto. Eppure il raggiungimento del quorum era stato festeggiato come qualcosa di straordinario, di epocale. In effetti è VERO...e allora perché non si sente dire più niente sulla questione acqua dopo il voto del 12-13 giugno? Dopo il voto il governo doveva creare un nuovo meccanismo di regolamentazione delle tariffe dell'acqua per sostituire quello abrogato dal referendum. Non si è fatto nulla. Oltre il danno, la beffa perché molti enti locali stanno ricreando gli ato con nomi nuovi per coprire il vuoto del governo. Tutte duplicazioni e sprechi che non finiranno molto facilmente.
La verità è che il referendum è stato strumentalizzato come voto pro o contro il governo, terminato questo suo scopo politico è finito l'interesse. Penso che il meccanismo del referendum andrebbe modificato, magari introducendo un tipo di referendum propositivo, non soltanto abrogativo e con la raccolta di un numero maggiore di firme. Comunque, sono sempre dell'idea che il referendum è un grande strumento di democrazia diretta che nobilita la politica e rilancia la partecipazione popolare. Forse è per questo motivo che viene snobbato dalla nostra classe dirigente.
Il tradimento della volontà popolare è forse il segnale più importante che i nostri governanti sono lontani anni luce dai problemi reali degli italiani. É l'unico modo per spiegare come mai questa estate il Presidente del Consiglio ha annunciato al popolo italiano “che va tutto bene e possiamo andare tutti in ferie” e poi due giorni dopo annunciare in parlamento che “bisogna saltare le ferie e varare provvedimenti d'emergenza”.
Adesso siamo all'epilogo del teatrino tragicomico, con le dimissioni forzate del Presidente del Consiglio. Mi auguro che tra le priorità del nuovo governo ci sia quella del prezioso e importantissimo liquido senza il quale non si può vivere.

domenica 16 ottobre 2011

Giornalisti schierati

È un obbrobrio. Giornalisti schierati da una parte o dall'altra. Le notizie dovrebbero essere elaborate e servite ai veri destinatari: i lettori. Nel nostro paese il rapporto è falsato, truccato, c'è di mezzo lo strapotere dei partiti politici. Ad essi fanno riferimento molti operatori dell'informazione. Gente schierata che meschinamente si mette a fare il tifo, come se fosse in un grande stadio.
Da noi mancano seri imprenditori che fanno editoria e BASTA, senza altri interessi con cui asservire i loro media. I giornali da noi sono nati per mezzo del potere politico-economico-finanziario. Esiste, purtroppo, un peccato originale. Voglio fare un esempio, “Il Corriere della Sera” già all'epoca di Crispi (fine 800) diventò giornale degli industriali tessili. Oggi il Corriere è in mano a circa 15 padroni.
Ma anche la Repubblica è in mano a De Benedetti (uno dei più grandi capitalisti) . Il nipote di Gianni Agnelli è nel Consiglio di amministrazione della Rizzoli. Questi intrecci politici-affaristici orientano da sempre i contenuti dei giornali. Oggi, possiamo notare due grandi deformazioni: una legata a forme di orientamento e inquinamento della fonte (partiti e industriali), l'altra è l'autocensura. In poche parole, il giornalista stesso si limita se ritiene che una notizia può danneggiare la sua azienda.
Si nota nei fruitori un clima di sospetto verso le testate giornalistiche ritenute poco credibili. I giornali vengono usati come territori di libero scambio con la politica, l'economia, la finanza. Siamo troppo pessimisti? Penso proprio di no. Ho letto che il 73% degli intervistati dall'istituto IPSOS ha dichiarato che è “una situazione pericolosa il fatto che un gruppo industriale, finanziario o politico possa diventare il prprietario di più mezzi di informazione perché può condizionare l'opinione pubblica degli italiani.
Nel lontano 1974 Indro Montanelli scriveva nel suo primo numero de Il Giornale: “ Vogliamo creare un costume giornalistico di serietà e competenza. Non siamo un giornale di parte. I nostri soli padroni devono essere i lettori"Altri uomini...altri tempi...

.

giovedì 22 settembre 2011

Razzismo, odio, paura

Ogni pomeriggio dal mio balcone vedo dei bambini giocare. Il gruppetto è composto da Hajar, una bimba marocchina, Ricky un piccolo rumeno, una cinesina di nome Lynn e Mariangela, una bambina nissena. Il gruppetto è molto rumoroso: questi bambini cantano, saltano, litigano e giocano fra loro. Conosco questi bambini e anche loro mi conoscono, anche perché sono miei vicini di casa. Hajar è la leader del piccolo gruppo, riesce a imporsi e gli altri tre fanno tutti i giochi che vuole lei. Assieme si divertono tanto.

L'altro giorno, però, è successa una cosa spiacevole e antipatica. La mamma di Mariangela è scesa da casa come una furia e prendendo la bambina per un braccio l' ha portata a casa.
Ho chiesto alla signora il motivo di tale comportamento. La sua risposta è stata: - Non voglio che Mariangela prenda brutte malattie. –

- Coosa? – ho detto – ma se è da tanto tempo che giocano assieme? – La signora ha ribadito che prima non capiva a cosa poteva andare incontro la bambina. Come definireste questo atteggiamento? Dire che si tratta di fenomeno “razzista” è poco. Mi domando: cosa spinge una comune mamma, una donna dall’apparenza mite a tirare fuori quest’odio viscerale per scaricarlo su bambini innocenti? Perché il “diverso” fa così tanta paura da scatenare l’odio? Perché non si da ascolto alla ragione?

Realtà virtuale e realtà concreta


Molte potrebbero essere le risposte a questa domanda. L’individuo moderno vive diviso in due realtà. La realtà virtuale si intravede attraverso una magica scatoletta che si chiama televisione. Questa realtà virtuale è formata da tre elementi: ricchezza, bellezza e potenza.

La magica scatoletta ci propina ogni giorno donne bellissime, uomini palestrati, ricchi e potenti, famiglie senza nessun problema sedute attorno a un tavolo a sgranocchiare felicemente biscotti. Sembrano persone provenienti da un altro pianeta. Nell’inconscio dell’individuo comune incomincia a farsi strada un angolino da dove potere incominciare a credere che può benissimo diventare ricco e potente e sua moglie bellissima come Sabrina Ferilli o Maria Grazia Cucinotta. La sua vita può cambiare e anche lui può possedere la fuori serie e la bellissima villa con piscina che hanno i vip.
L’altra realtà è invece vera, concreta e riguarda la vita di tutti i giorni. Si fatica per pagare le bollette, già alla terza settimana finiscono i soldi. Diventa difficile comprare i libri di testo ai figli, diventa un privilegio andare a mangiare una pizza. Le difficoltà sono insormontabili, le mogli sono sciatte e trascurate perché insoddisfatte dall'atteggiamento egoista, adolescenziale e nevrastenico dei loro mariti.

In questo contesto dove la realtà virtuale si scontra violentemente con quella reale, il “diverso” serve per farci sentire superiori e più forti, perché davanti ai vip ci sentiamo piccoli, piccoli. L'extra comunitario è il debole, colui che può essere aggredito facilmente. Ma c'è un altro aspetto da chiarire: lo straniero (marocchino, rumeno, senegalese ecc) col suo carico di miseria e frustrazione e rappresenta l'altra faccia della medaglia. Noi sogniamo la villa con piscina, mentre lui vive in una baracca, noi desideriamo abiti firmati, mentre il "diverso" veste con abiti usati e fuori moda. Le persone comuni sanno che si trovano in una condizione socio economica precaria.

Il "diverso" ha la funzione di specchio, riporta alla triste realtà. Disprezzando l'immigrato, l'individuo di oggi disprezza quello che lui stesso potrebbe diventare. Mentre i potenti portano il mondo verso la rovina, noi perdiamo il nostro tempo impegnandoci in una stupida guerra tra poveri. Cerchiamo di fare lavorare di più il cuore e il cervello se vogliamo vivere in un mondo diverso e migliore.

lunedì 22 agosto 2011

PREVISIONI INQUETANTI



Gli uomini hanno paura della morte ma si abituano a vivere con l'incubo della guerra e preparano strumenti di sterminio sempre più sofisticati e distruttivi. Mi faccio una domanda: “Come sarà l'uomo del futuro? Sarà un uomo robot, senza sentimenti o un uomo più “umano” nonostante tutto? Oppure (altra ipotesi) si autodistruggerà come specie?”.
È difficile definire chi è l'uomo contemporaneo.
L'uomo è stato capace di formulare principi nobili e universali che gli fanno onore e di sostenerli in tutto il mondo civile: Si tratta dei “DIRITTI DELL' UOMO”
Oggi viviamo in piena contraddizione (focolai di guerra in Nord Africa e nel Medio Oriente), l'assurda corsa a chi possiede l'arma più micidiale. È bene sottolineare che non può esistere sviluppo se non viene considerato l'accordo sul disarmo mondiale. Il ruolo guida dovrà essere quello delle nazioni industrializzate ma la produzione alimentare non basterà se il cibo non andrà a coloro che hanno realmente fame.
L'accordo mondiale dovrà vertere su tre punti:
a) disarmo nucleare
b) rapporto non violento con la natura
c) giustizia per i due miliardi di indigenti che non avranno più pazienza perché vedono il benessere degli altri e ne sono “giustamente” scandalizzati e offesi.
E per noi italiani come sarà questo difficile futuro? Con facili illusioni, governo che vivacchia con mille rattoppi, sprechi inauditi, ingiustizie clamorose, sopraffazioni malavitose, il futuro non sarà certamente facile.Aumenterà la povertà e il tasso di disoccupazione. C'è solo da sperare in un RISVEGLIO del popolo italiano che lo porti a ribellarsi alle ingiustizie, al malaffare e al malgoverno

giovedì 16 giugno 2011

INCIDENTI SUL LAVORO: catastrofe senza fine


Ormai i morti sul luogo di lavoro non si contano più. Si calcola che ogni cinque minuti una persona muore a causa di incidente sul posto di lavoro.Oggi esistono leggi precise che si propongono di prevenire gli infortuni, ma nonostante ciò le catastrofi continuano a verificarsi. Nella nostra civiltà industriale il numero degli infortuni è molto alto (addirittura è raddoppiato rispetto ad altre epoche storiche) e ciò che fa più paura è l'aumento dell'indice di mortalità a causa di infortuni. Bisogna dare un’adeguata preparazione all’operaio poiché se conosce la legislazione che si occupa di sicurezza  sui posti di lavoro sicuramente sarà più attento e sarà avvantaggiato da tale conoscenza. Dal 1994 l’Italia ha accolto e trasformato in decreto attuativo le direttive europee riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro. La legge 626/94 regola la questione della prevenzione e protezione dei rischi nei posti di lavoro.
Perché allora si continua a morire e le stragi ormai non si contano più? Bisogna dire che gli infortuni sul lavoro sono di origine antica, nacquero insieme al lavoro stesso. L'integrità dei lavoratori si può salvaguardare in diversi modi. Bisogna eliminare le cause che possono provocare incidenti, che non sono soltanto materiali ma a volte anche psicologiche come la disattenzione, la scarsa concentrazione, l'ignoranza ecc. Si registra un più alto numero di incidenti mortali nel settore dell'edilizia, dell'industria metalmeccanica, chimica e mineraria. Recentemente è stata messa in evidenza l'importanza del fattore umano nella prevenzione degli incidenti. Si cerca di dare al lavoratore una condizione di lavoro che non lo porti a fatiche eccessive che sono causa di distrazioni, ma tuteli anche la soggettività e la psicologia dell'individuo.
Purtroppo molti operai, per sbarcare il lunario, lavorano in nero in condizioni precarie e senza la minima tutela. Sembra che si instauri un tacito accordo tra imprenditore e lavoratore e molti individui (invece di pretendere igiene e sicurezza) lavorano, specialmente nel campo edile, senza un buon sistema di impalcature, con attrezzi vecchi e fuori uso e addirittura senza casco. C'è un vecchio adagio che dice:" O ti mangi questa minestra o ti butti dalla finestra". Il fatto è che a denunciare i soprusi si è in pochi, addirittura a volte è un singolo individuo che viene isolato dagli stessi compagni di lavoro. Bisogna acquisire una coscienza civile e capire che se si è in tanti a volere l'attuazione della legge e delle misure preventive di tutela si può vincere una sacrosanta battaglia per la vita e la dignità umana.
Siamo nel 2011 ed è inconcepibile che degli operai devono perdere la vita perché possono cadere da un’impalcatura poco resistente oppure per un errato impiego dei macchinari. Tutti i lavoratori dovrebbero avere un loro rappresentante che si interessi di fare indossare il casco ai compagni, del buon funzionamento dei macchinari, ecc.
Penso che , con un po' di prudenza in più e con l'attenta osservazione delle norme per la sicurezza molti infortuni si potrebbero evitare. Io vedo l'infortunio come un mostro che aspetta di agire quando c'è l'errore umano. Fretta, mancata osservanza delle norme,leggerezza, attrezzature non controllate provocano DISASTRI e perdita di vite umane.
Spero che si faccia un cammino di civiltà in questo senso e che vengano varate delle misure punitive per gli imprenditori  che non osservano e non fanno osservare le norme di sicurezza, in modo che questa strage umana possa finire, o per lo meno, attenuarsi.

martedì 7 giugno 2011

REFERENDUM: primo, andare a votare

A quanto pare, il quorum per i quattro quesiti referendari non è sicuro.

A determinare questa situazione hanno concorso la voluta mancanza di informazione ed i ripetuti tentativi del governo di far “saltare” il referendum sul nucleare, che avrebbe ridotto non di poco l’attenzione sulla vicenda e la conseguente propensione a recarsi a votare.

Ora, si può essere a favore o contro uno o più tra i quesiti referendari, ma non si può essere a favore di una concezione politica (quella di questa maggioranza) che considera il voto popolare come avente l’unica funzione di “investire” una tantum un leader, che poi non dovrebbe più esser disturbato nelle proprie prerogative di arbitro della vita del Paese: né dai magistrati, né dalla Presidenza della Repubblica, né dalle attività del Parlamento, né ancora dalla normale, in un Paese democratico, dialettica politica. E tantomeno da quell’espressione della volontà popolare che è l’istituto del Referendum abrogativo.

Quindi, prima di tutto, andare a votare, per dare una risposta chiara a questa concezione, e per indicare la volontà degli italiani di riappropriarsi dei loro diritti e, insieme a questi, della democrazia.

Poi, si potrà scegliere a quali dei quesiti rispondere con un SI, ed a quali con un NO; ma la prima risposta da dare è quella di impegnare un’ora del proprio tempo, andando a votare domenica e lunedì prossimi.

Personalmente, sono convinto si debba votare con quattro SI; ma conosco molti, coi quali condivido il giudizio sullo stato della nostra democrazia, che hanno opinioni diverse. Ben vengano, allora, tutti i SI e tutti i NO: l’importante è dare una risposta che faccia capire come gli italiani abbiano iniziato a volere render chiaro come non intendano farsi espropriare dei loro diritti né dal populismo, né dalla tecnocrazia.

Colgo l’occasione per render noti, oltre al mio (vedi, su “Spazio Lib-Lab”, << Referendum acqua, nucleare, legittimo impedimento: 4 SI non ideologici>>: http://www.spazioliblab.it/?p=2901), altri punti di vista provenienti significativamente dal mondo liberale riguardo ai quattro quesiti: si tratta delle opinioni di Valerio Zanone e di Adalberto Scarlino, che sono riportate, sempre su “Spazio Lib-Lab”, alla pagina: http://www.spazioliblab.it/?p=2907.

Cordiali saluti

Post di Gim Cassano

venerdì 3 giugno 2011

il 12 e il 13 giugno quattro SI per dire NO

I cittadini italiani, il 12 e il 13 giugno potranno incidere in modo decisivo sulle decisioni che il Parlamento dovra adottare su questioni basilari della loro vita e di quella delle future generazioni.

a) Il quesito sull'energia nucleare è di drammatica importanza, soprattutto alla luce di quanto è successo in Giappone. Gli italiani hanno già detto NO in tempi non sospetti e cioè nel 1987, quando non si poteva parlare di voto espresso su base emotiva.
b) I due quesiti sull'abrogazione della legge che rende possibile la gestione privata dell'acqua mira a riconsiderare l'opportunità della gestione pubblica. Abbiamo potuto constatare che la gestione privata e la conseguente vendita dell'acqua non sempre hanno generato processi “virtuosi”. Al contrario l'erogazione dell'acqua è diminuita e l'importo delle bollette si è triplicato. Consiglio di leggere un libro di Roberto Lessio “All'ombra dell'acqua- inchiesta sui predoni dell'ultima merce” Si può scrivere a: allombradellacqua@libero.it.
c) il quesito sul legittimo impedimento ha una importanza primaria per l'affermazione che tutti i “cittadini devono essere uguali davanti alla legge”.

Quattro SI per dire NO, per andare oltre al muro di omertà e ambiguità che vuole lanciare il messaggio che questi referendum sono inutili. NON È AFFATTO COSÌ,.
Il 12 e il 13 giugno i comitati affaristici e politici sperano nell'astensionismo. Diamoci da fare e UNITI possiamo superare il quorum.
Noi votiamo SI perchè diciamo NO all'acqua privata, NO all'energia nucleare, NO al legittimo impedimento

martedì 24 maggio 2011

NUCLEARE, andiamo a votare SI il 12 e il 13 giugno

Non si può “giocare” sul futuro e sulla pelle dei cittadini. Nessuno ne parla, i cittadini non vengono informati. E noi... come possiamo farci un'opinione adeguata se i TG non dicono niente e su questo argomento c'è omerta? Quando compriamo un elettrodomestico, vogliamo che sia un aggeggio collaudato, verificato e approvato con tanto di bollino.
Per le macchine “più pericolose del mondo” ci dicono che tutto va bene, che dobbiamo stare tranquilli. Mi domando:” È proprio così?”. Non stanno per caso nascondendoci qualcosa di grosso? Penso che gli italiani, pee la stragrande maggioranza, sono contro il nucleare. Hanno detto NO nel 1987, in vari sondaggi hanno sempre confermato la bocciatura del nucleare. Il professore Yuri Bandsihevsky, lo scienziato che ha scoperto la verità su Chernobyl, così si esprime: “ le persone sono indifese davanti al pericolo atomico. L'umanità ha creato un mostro che non riesce a dominare”.
Il pianeta è a rischio atomico da molto tempo prima che avvenisse il disastro in Giappone. Già nel corrente anno 2011, tra gennaio e febbraio, molti reattori nucleari hanno avuto problemi di irregolarità in vari paesi. Incidenti sono stati registrati in Svezia, Ucraina, Corea del Nord. Come si può proporre una centrale atomica in Italia quando nel Giappone (uno dei paesi tecnologicamente più avanzati) è successo uno scenario catastrofico? Si può verificare sempre un imprevisto, un incidente.
In Italia abbiamo bisogno di impianti rinnovabili, di sfruttare l'energia . È questa la strada che dobbiamo percorrere.

lunedì 2 maggio 2011

RIPRENDIAMO LA NOSTRA ACQUA

Riprendiamoci l'acqua. Il 12 giugno andiamo in massa ad apporre il nostro SI ai referendum approvati dalla Corte Costituzionale. Abbiamo detto no all'acqua come merce e alla sua cessione ai pochi privati, ingordi e mafiosi. È una cosa mai vista in passato, in soli 3 mesi sono state raccolte più di un milione 400mila firme, ne bastavano soltanto 500mila. E adesso?
Vogliono scipparci del nostro diritto di espressione. Con questa caciara sul nucleare prorogato, vogliono fare passare in secondo piano gli altri referendum, compreso quello sull'ACQUA. Dobbiamo votare SI per cancellare l'anomalia del DIVIETO agli enti pubblici di gestire da soli l'erogazione dell'acqua.

Molte sono le assurdità:

a) Tutto in mano a pochi
b) acqua trasformata in merce
c) soldi di utenti italiani che finiscono all'estero
d) un terzo (o forse anche di più) dell'acqua che viene dispersa
e) le bollette aumentano, l'erogazione diminuisce
f) i TG sono silenti e non parlano di queste ANOMALIE.

Il referendum potrebbe cambiare le cose, non facciamoci scippare di questo bene prezioso . Stanno mettendo in sordina i referendum, non vogliono che andiamo ad esprimerci. Oltre all'acqua ci vogliono derubare della libertÀ DI ESPRESSIONE e di SCELTA.

domenica 3 aprile 2011

LA CRISI LIBICA e LA POLITICA ESTERA DELL'ITALIA

La crisi libica ha mostrato impietosamente limiti, superficialità, contraddizioni, della conduzione della nostra politica estera; il dibattito che ne è seguito nel Paese ed in Parlamento ha visto le nostre forze politiche valutare le questioni di politica estera in funzione della lotta e della ricerca di consenso interno, senza contribuire granchè alla serietà di una discussione sul ruolo internazionale del Paese.

La politica estera berlusconiana.

Occorre premettere che il nostro Paese ha sovente avuto difficoltà ad identificare coerentemente il proprio ruolo internazionale, i propri interessi di fondo, le proprie aspirazioni. E che, in 150 anni, la politica estera italiana raramente è stata improntata ad un rigore concettuale fornito dall’equilibrio e dalla coerenza tra concezioni culturali, fini, interessi, comportamenti,.come fu nel periodo cavouriano o in quello che, dopo il Trattato di pace, ci ha portati ad assumere un ruolo decisivo nell’avvio del processo di integrazione europea.

Non credo sia casuale il fatto che l’una e l’altra volta si era dovuti partire da condizioni di estrema debolezza, nelle quali era necessario costruire o ricostruire tutto, che in entrambi i casi ci si concentrò su una vocazione europea e si adottarono comportamenti che, se potevano apparire orientati ad un understatement di fondo, seppero invece conquistarsi rispetto e credibilità grazie ad una chiara e coerente identificazione di priorità, obbiettivi, ruoli, indirizzi politico-ideologici, alla ricerca realistica dell’equilibrio tra fini e mezzi. Non è stato così in altri momenti della nostra storia: malcelate concezioni di prestigio, desiderio di rivalsa nei confronti di Paesi più forti del nostro, provincialismo culturale, incapacità di identificare il ruolo del Paese ed i suoi reali interessi, la furbesca attenzione a presunti vantaggi di breve periodo, hanno condotto alla Triplice, alle disastrose o vergognose, secondo i casi, imprese africane succedutesi nel corso di circa 50 anni, al Patto d’Acciaio.



Nella politica estera dell’Italia berlusconiana sono riconoscibili alcuni tratti costanti che la apparentano al secondo dei due modelli delineati sopra. Sin dal primo governo Berlusconi (ministro Antonio Martino), la freddezza nei confronti del processo di costruzione europea, visto anche come uno dei frutti di ispirazioni culturali -liberale, popolare, socialista- alle quali Lega e AN erano del tutto estranee, e delle quali Forza Italia rappresentava la degenerazione, è stato uno dei tratti costanti. E, sin dall’avvio del secondo governo Berlusconi, la rottura con il ministro Ruggiero rappresentò l’avvio di una politica estera improvvisata, mutevole, e caratterizzata da una gestione eminentemente personale.

Nell’età berlusconiana si sono così sviluppati indirizzi e comportamenti di politica estera fortemente influenzati dal protagonismo di facciata di un leader che, non pago di recitare la parte dell’uomo del destino sulla scena interna, pretendeva di apparire tale sul piano internazionale (ricordiamo Pratica di Mare). Dal servilismo nei confronti di Bush figlio si è passati ad un rapporto sempre più freddo nei confronti del suo “abbronzato” successore. Lo stesso è avvenuto nei confronti di un’Europa che più di una volta ha manifestato fastidio per i ritardi italiani nel recepimento delle direttive comunitarie, per la finanza creativa, per le nostre posizioni sui diritti umani di rom e migranti, per la presunzione di leadership, le battute ed i comportamenti privati e pubblici del nostro premier, e che si preoccupa, fondatamente e con pieno diritto, delle sorti della democrazia italiana. Occorre al riguardo ricordare le ricorrenti battute apologetiche sul fascismo, tema al quale la cultura politica europea, anche di parte conservatrice, è tuttora assai sensibile.

Quasi si cercasse una rivalsa nei confronti dello scarso credito e dell’irritazione suscitati dalle ripetute prese di distanza, aggravate da commenti spropositati e comportamenti ridicoli, si è finito col raffreddare i rapporti con quei Paesi coi quali dovremmo cooperare in Europa e nella Nato, non perdendo occasione per mettere in evidenza conflittualità di vedute, di interessi, di modelli culturali. E, per contro, ci siamo ritagliati in alternativa rapporti preferenziali ed amicali con regimi corrotti, violenti, antidemocratici, usi al terrorismo ed all’omicidio politico, rendendoci di conseguenza sospetti e privi di credibilità ed autorevolezza nei rapporti internazionali. La più impietosa conferma al riguardo non arriva da giornalisti della sinistra europea o dalla stampa liberal ma, tramite Wikileaks, dai rapporti della diplomazia USA, che sorniona ritiene che quante più saranno le incoerenze sviluppate dal governo italiano, tanto più sarà facile imporgli le proprie scelte.

Ora, è sin troppo facile dire che nessuno è senza peccato, e che siamo comunque in una compagnia piuttosto affollata, e che in tutto il mondo le democrazie occidentali continuano a tollerare, facendoci affari, regimi peggio che impresentabili.

Ma il mantenere rapporti con un regime dal quale dipendono forniture essenziali, è cosa ben diversa dallo stipulare con esso un trattato di amicizia e collaborazione (anche militare), in dichiarato spregio ai diritti umani dei neri subsahariani, ed in spregio ai nostri impegni proprio con quella Nato della quale oggi, per puro desiderio di rivalsa nei confronti di Sarkozy, ci siamo fatti sostenitori. E, analogamente, lo sviluppo di rapporti commerciali con la Russia non avrebbe dovuto implicare, come, con maggiori dignità e coerenza, non implica per altri, lo sposare politicamente la cleptocrazia omicida dell’amico Putin o l’appoggiarne le pulsioni imperialiste e panslaviste in Transcaucasia o nei Balcani, dirette discendenti della politica degli czar.

Il tutto è stato aggravato dalla conduzione a titolo personale della politica estera, legata alle amicizie ed alle affinità elettive del leader, condita da gesti irrituali ed idioti, quali i “misteeer Obaaaama”, le profferte d’amicizia ed i baci, i commenti inappropriati, che hanno finito con l’aggiungere il ridicolo all’irritazione.

E’ stata una politica estera speculare a quanto avveniva in politica interna, basata sull’apparire, sulla superficialità, sul cinismo nei confronti dei diritti dei popoli e dei doveri dei governi, sull’affarismo malcelato di amici e sodali (vedi Finmeccanica); ma soprattutto, come si vede in questi giorni, posta al di fuori di ogni seria valutazione degli interessi reali e di lungo periodo e dal sentire del Paese, che da ultimo ci ha condotti alla stipula, nella perplessità dell’intera Europa, di quel trattato con la Libia che ora ci si è ritorto contro.



Le rivolte arabe.

L’esplodere delle tensioni nel mondo arabo, che ormai non riguarda più solo il NordAfrica, ha colto sostanzialmente impreparato tutto il mondo occidentale, che non riteneva possibili rivolte e proteste in Paesi dominati da regimi tra loro diversi per origini e storia, ma accomunati dall’autoritarismo, dalla presenza di forti apparati di sicurezza e polizia, dalla corruzione, dall’eternità e dal familismo dei leaders. L’Occidente ha sbrigativamente considerato queste società, nelle quali non sussiste una società civile secondo i propri canoni, come ancora immerse in una sorta di perenne Medioevo; quel che loro si chiedeva non era un progresso civile ed economico, ma essenzialmente di non accedere al terrorismo e di preservare gli equilibri regionali necessari a mantenere aperti i rifornimenti energetici ed un minimo di stabilità geopolitica. E l’Occidente non vedeva fondamentalismo, assolutismo, dittature, come ostacoli in sé al mantenimento di rapporti politici, commerciali e diplomatici, sino a che non venissero messi in discussione quegli equilibri.

Ed erano stati completamente sottovalutati il ruolo dissacratore e liberalizzatore e la capacità comunicativa e di mobilitazione del web che ha consentito, pur in presenza di stampa e televisioni di regime, la formazione di un’opinione pubblica e di un’opposizione politica in grado di muovere gran parte di quei Paesi.

Ma, all’esplodere delle rivolte tunisina ed egiziana, il mondo occidentale, con Obama in testa, ha capito abbastanza rapidamente che non ci si trovava difronte a semplici lotte tra fazioni, e che queste rivolte, nate dal caro-vita e dalle condizioni economiche, assumevano man mano un significato sempre più ampio e mettevano o avrebbero messo in discussione le radici del potere. E capivano che si trattava di un movimento che aveva la potenzialità di dilagare in tutto il mondo arabo. Pertanto, non si è mosso un dito per salvare quei regimi, che sono stati abbandonati prontamente al loro destino nella speranza che il fuoco si spegnesse prima di estendersi ulteriormente.

Già in questa fase è emersa una differenza di valutazioni e di atteggiamenti tra l’Occidente ed il governo italiano. Quest’ultimo è apparso orientato ad una sostanziale indifferenza nei confronti delle esigenze di apertura poste dalle rivolte tunisina ed egiziana ed al manifestare sfiducia in una loro possibile evoluzione verso forme politiche più prossime alla democrazia, facendo balenare lo spettro del fondamentalismo. Ma, prima di tutto, per ragioni ancora una volta di equilibri interni, ha visto questa situazione non come un mutamento epocale (il 1848 arabo, come è stato descritto) rispetto al quale dover prendere una posizione, ma unicamente come la causa di un probabile incremento dei flussi migratori, peraltro senza che venisse nulla predisposto al riguardo.



La crisi libica.

L’esplodere della crisi in Libia ha introdotto elementi nuovi, che possono anche far pensare ad una frattura dell’unità del Paese [1]; e, per quanto ci riguarda, ha reso drammatici i limiti e le incongruenze della nostra politica estera.

La protesta contro il regime ha avuto inizio a Tripoli, secondo le forme già viste a Tunisi ed al Cairo; e, quasi contemporaneamente, in Cirenaica, dove ha rapidamente conquistato terreno ed è arrivata a darsi un inizio di forma politica. Ma, a differenza di Ben Alì e di Mubarak, dopo l’iniziale sorpresa, Gheddafi ha reagito con determinazione e violenza, mobilitando quella parte delle forze armate rimastagli fedele, chiamando ed attivando milizie mercenarie e, allo scopo di evitare il contatto diretto dei militari con le folle ed i conseguenti rischi di fraternizzazione (le rivoluzioni hanno già vinto quando l’esercito inizia a non sparare sulla folla), adottando una tattica che prevedeva vere e proprie azioni militari al posto di una sia pur dura repressione di piazza. In sostanza, trattando coloro che protestavano ed i loro quartieri e città, senza alcuna distinzione tra insorti e non, come nemici esterni da sterminare a distanza con cecchini, artiglieria, aviazione; e dichiarandolo apertamente nel definirli “ratti da sterminare”. E l’azione dei miliziani del dittatore verso Est ha assunto per intero l’aspetto di una conquista o riconquista, puramente militare, della Cirenaica.

Questo ha cambiato il quadro, ed i seguaci del “né con la guerra, né con Gheddafi” dovrebbero tenerne conto. La guerra è stata dichiarata da Gheddafi contro il “suo” popolo, ed è stata ed è guerra condotta apertamente e dichiaratamente.

Se l’Occidente (e l’ONU) hanno avuto un torto, è stato quello non attivarsi per tempo: è molto probabile che il dichiarare tempestivamente, quando il dittatore non aveva il controllo che di una parte della Tripolitania, l’imposizione della “no-fly zone”, lo schierarne il relativo dispositivo, insieme alla proposta di una uscita di scena concordata, sarebbero stati sufficienti a chiudere la partita; e soprattutto, ad evitare molti dei massacri e l’avanzata sino alla periferia di Bengasi.

E si deve anche riconoscere che, se pure tra le motivazioni francesi quella umanitaria non è stata né l’unica, né quella prevalente, e l’intervento odora più di petrolio che di Marianna, il ruolo e la determinazione che la Francia ha assunto nella vicenda hanno comunque impedito che le milizie del dittatore riuscissero a chiudere la partita con la vittoria del dittatore sul suo popolo e l’assoggettamento della Cirenaica.



In questa situazione, non potevano non venire al pettine le contraddizioni della nostra politica estera, ed il famigerato trattato non poteva non rivelarsi un boomerang.

Senza aver predisposto nulla, le preoccupazioni del nostro governo apparivano rivolte principalmente alla questione dei profughi, vista unicamente come necessità di ergere una barriera che peraltro si sapeva già debolissima e come terreno di rivendicazione nei confronti dell’Europa. E le nostre posizioni riguardo alla crisi libica si indirizzavano alla rinuncia ad ogni intervento, neanche di moral suasion, in quella che veniva considerata come una questione interna libica (l’idiota “non ho voluto disturbare” [il suo amico Gheddafi] del cavaliere); al negare l’evidenza dei massacri (Giovanardi); al minimizzare e derubricare la rivolta a scontro tribale (tesi questa che si è poi fatta strada presso i pacifisti di casa nostra). Altri, come il Presidente della Commissione Esteri del Senato, Lamberto Dini, parteggiavano apertamente per il dittatore.

Da parte nostra, non si andava oltre la scontata deprecazione degli eccessi di un dittatore del quale ci eravamo dichiarati amici, ma si temevano soprattutto le conseguenze di una possibile vittoria dei ribelli, che ci avrebbero rinfacciato il trattato e, probabilmente, cancellato contratti ed affari.

Dopo i primi massacri, l’unica iniziativa seria che si sarebbe dovuto intraprendere, come premessa razionalmente necessaria di una politica diversa, sarebbe stata la denuncia unilaterale del trattato. Ma, per non irritare il macellaio (non si sa mai chi alla fine possa spuntarla), si inventava la formula della sospensione “di fatto”, che il fine giurista La Russa veniva a spiegarci come realizzata automaticamente grazie al mancato controllo del Paese da parte del governo libico; poi si mutava versione, considerando la sospensione come effetto implicito della risoluzione ONU. Si sa, siamo la patria del diritto, e qualche garbuglio riusciamo ad azzeccarlo sempre: tutto, pur di non intraprendere un atto formale che, tra l’altro, avrebbe comportato la sconfessione ed il ribaltamento della linea sin lì seguita dal cavaliere, sia pur con la complicità del PD; ma che, intrapreso, ci avrebbe almeno consentito, nel prosieguo, una maggior credibilità.

Così, se l’indignazione dell’opinione pubblica interna ed internazionale suggeriva di prendere apertamente le distanze da Gheddafi, sollecitarne l’abbandono della scena politica, prender parte attiva alle consultazioni internazionali al riguardo, (tutte cose che poi ci siamo visti costretti, obtorto collo, a fare), si preferiva non far nulla, attendere, e ricorrere alla finzione della sospensione di fatto del Trattato. Risultati? Uno solo: quello di venir considerati inaffidabili da una parte e dall’altra.



L’intervento.

Con questi presupposti, era evidente che il governo italiano (a differenza di quello tedesco, che pure aveva scelto di non intervenire, ma non aveva i nostri precedenti) non potesse seriamente esser considerato da alcuno né un partner né un interlocutore credibile; e meno che mai da USA, Francia e Gran Bretagna, che stavano decidendo, sia pur tardivamente, di intervenire.

Così è stato: l’adozione della risoluzione 1973 dell’ONU ha di fatto obbligato il governo italiano, già abbondantemente screditato sul piano politico e su quello della figura del suo leader, ad intervenire. Di malavoglia, ridicolizzati e soprattutto ininfluenti su un intervento armato che doveva svolgersi a 300 miglia dalle nostre coste e richiedendo l’uso delle nostre basi. Le decisioni sono state prese da altri, senza neanche ascoltare, giustamente, chi aveva baciato la mano a Gheddafi e non aveva avuto il sussulto di dignità di revocare unilateralmente, per indegnità, il trattato.

Ha dovuto ammetterlo persino il capo del governo, che è tornato da un vertice (quello di Parigi) nel quale ha dovuto recitare la parte per lui inusuale della comparsa, affermando che non c’era altra soluzione. L’Italia aveva l’unica alternativa tra l’accettare supinamente quanto veniva richiesto, o rompere ed isolarsi ancor di più dal novero dei Paesi civili. Si paga così il conto di una politica estera condotta in termini personali da un leader ignorante, furbesca, priva di dignità e coerenza, ed incapace di guardare avanti. E, soprattutto, fondata in questo caso su un oscuro minestrone, fortemente voluto dalla Lega, finalizzato a far fare ai libici il lavoro sporco nei confronti dei migranti, conformemente alla tradizione berbera di trattar da merce i neri dell’Africa sub sahariana, nel quale affari ed interessi privati si sono affiancati alla legittimazione internazionale di un regime corrotto e violento (peraltro ricambiata con insulti e provocazioni), nonché alla violazione dei nostri impegni con la Nato.



Quanto ne è seguito ha del comico.

La maggioranza ha seguito più linee contemporaneamente, che ci fanno capire come da parte nostra non esista alcun indirizzo coerente, e di fatto non esista una politica estera intesa come cosciente convincimento ed assunzione di responsabilità da parte di un Governo e della maggioranza che lo sostiene.

Così, abbiamo visto di tutto: avviarsi un’azione militare che, secondo alcuni era un intervento militare a tutti gli effetti, e secondo altri era costituito da poco più che da azioni di sorveglianza; si è sentito il capo del governo di un Paese Nato che, mentre invocava il controllo delle operazioni da parte di questa per ridimensionare il ruolo dei francesi, affermava di provar “rincrescimento” per l’amico Gheddafi, e disertava poi il dibattito in Parlamento, non sapendo che dire e temendo le troppe contraddizioni della propria posizione e della propria maggioranza; La Russa indossare l’elmetto ed offrire aeroplani e basi a destra e sinistra, e rivendicare un ruolo “alla pari”; la Lega pretendere l’ammorbidimento del documento da votare in Parlamento, e già accettato da maggioranza ed opposizione, reclamando la conferma delle clausole commerciali ed anti-immigrati del famigerato trattato; Frattini avviare un tentativo di toglierci dall’isolamento che contraddice completamente la linea seguita dal capo del suo governo, nel momento in cui comunque postula, necessariamente, quel “futuro senza Gheddafi” inviso alla Lega ed a Berlusconi che, adottato tempestivamente, ci avrebbe conferito ben altra dignità e ben altro ruolo. E via via di questo passo, sino al velleitario e provocatorio annuncio di un “piano italo-tedesco”, inesistente e mai concordato coi tedeschi, morto prima di essere nato, che avrebbe dovuto, nelle intenzioni del nostro governo, esser la base di un fronte anti anglofrancese. Tutto, pur di apparire.

In un qualsiasi altro Paese, divergenze di tale portata su una questione cruciale, avrebbero portato ad un dibattito serio sulla politica estera, ad un voto di fiducia, ed alla crisi di un governo che non c’è. Da noi, questo non avviene: non si riesce a considerare le questioni di politica estera come una cosa seria, dalla quale dipende non poco del futuro del Paese.

Ma, se si passa all’opposizione, la qualità delle posizioni non varia di molto. A parte lo sgrammaticato, confuso, del tutto inconsistente, intervento di Di Pietro, il cui populismo rende i migliori servigi ad un governo senza idee, il PD è soprattutto preoccupato di far dimenticare il proprio voto favorevole al trattato. E, in quanto al resto della Sinistra, non si è andati oltre il “Né con Gheddafi, né con la guerra” di SEL, che si rifiuta di capire che la guerra c’era già: quella di Gheddafi contro il suo popolo. A questo, si è unito il solito ritornello dei senza se e senza ma, conditi dalla evidenziazione del tribalismo degli insorti e delle non commendevoli intenzioni dei francesi.



Il logico sviluppo di questa vicenda è la teleconferenza di oggi lunedì 28 marzo, tra Obama, Cameron, Sarkozy, e la Merkel, della quale all’Italia non è stata data neanche comunicazione, per stabilire il futuro di una Libia senza Gheddafi. Il che seppellisce il velleitario, provocatorio e sbandierato annuncio di un “piano italo-tedesco”, inesistente e mai concordato coi tedeschi, morto prima di essere nato, che avrebbe dovuto, nelle intenzioni del nostro governo, esser la base di un fronte anti anglofrancese.

E’ significativo che sia stata invitata la Germania, che pure non aveva preso parte all’intervento, il che impedisce di considerarla una conferenza di falchi. A tanto porta una conduzione personale ed incoerente delle relazioni internazionali ed un clown a capo del governo.



[1] La dizione di “Libia” è un’espressione del colonialismo italiano, ereditata poi dall’ONU. Tripolitania e Cirenaica erano due Vilayat autonome dell’Impero Ottomano; come tali comparvero nel trattato di Losanna col quale gli ottomani rinunziarono alla sovranità su di esse (senza peraltro cederla all’Italia); e rimasero amministrativamente separate sino all’inizio degli anni ’30, dopo che fu sottomessa la Cirenaica che costituì la base della resistenza contro gli italiani. E’ interessante anche ricordare che il Re Idris si proclamò dapprima re della Cirenaica, e solo successivamente, re di Libia.



Gim Cassano (28-03-2011)

sabato 19 marzo 2011

IL GOVERNO DEI GIULLARI

Nel giro di due giorni, il governo è riuscito a dare agli italiani ed al mondo, in rapida successione, un impressionante numero di dimostrazioni di superficialità, pressapochismo, incoerenza. Nell'impossibilità di star dietro a tutte le performances di quella che, se non fosse realtà, apparirebbe come una compagnia di comici impegnata a far ridere il mondo, mi vedo costretto ad una sorta di riassunto delle ultime figuracce, mettendo per ultima la questione libica.

Un torpedone dei sottosegretari.

Il capo-comico si è recato al Quirinale, per far “passare” il rimpasto della troupe. E' dovuto tornare, per il momento, con le pive nel sacco, dopo aver proposto la rotazione ministeriale del fuggiasco Bondi con Galan e Romano. Ma la vera partita era un'altra: la proposta di un quantitativo di nuovi vice-ministri e sottosegretari tale da riempire un torpedone (circa 25). Nomine (e relativi costi) del tutto inutili, ma che costituiscono la prima rata del prezzo da pagare ai cosiddetti responsabili, che nobilmente sono accorsi, animati da puro e disinteressato spirito di servizio, a ripristinare una maggioranza che non c'era più. Va da sé che il tutto avrebbe richiesto un decreto, la cui legittimità è stata esclusa dal Quirinale.

Al riguardo, vi sarebbe anche l'interpretazione maligna che il cavaliere abbia agito con doppiezza: cioè che abbia accondisceso alle richieste della folla di aspiranti sottosegretari per toglierseli dattorno, ben sapendo che il Quirinale non avrebbe accettato, e potersi così ripresentare nel souk dicendo: “Io ho tentato, ma quello non ha voluto; non è colpa mia, vedremo poi”.

Sia come sia, è una vergogna. Cosa è questo, se non un voto di scambio che non è più quello delle scarpe destre o sinistre, o dei pacchi di pasta di Lauro? E cosa è questo, se non l'ammissione che non esiste più una maggioranza che non sia tenuta insieme dal reciproco baratto?

Nucleare.

A questo riguardo, occorre distinguere i tre atti della commedia che in rapida successione, hanno segnato il mutamento di rotta del governo. Premetto, per doverosa chiarezza, di considerare sfavorevolmente, in termini di rapporto tra costi e rischi (tutti), da un lato, e benefici (anch'essi tutti), dall'altro, il ritorno al nucleare, e di non aver mai condiviso un percorso superficialmente affrettato quale quello intrapreso dal governo italiano.

Primo atto.

Il coro delle TV di corte, di stato e non, e quello della stampa di famiglia si adeguano alle informazioni di fonte Tepco e Governo giapponese, tendenti a sminuire la gravità dei danni al sito di Fukushima e delle relative conseguenze. Ad esempio:

Il Giornale evidenzia il fatto, smentito dall'ambasciata USA e dalla nostra stessa Ambasciata, che la radioattività nell'aria a Tokio sia risultata inferiore a quella media riscontrabile in un giorno qualsiasi a Roma.

Esperti televisivi dichiarano che, in ogni caso, mai sarebbe possibile nell'area mediterranea un sisma dell'entità di quello giapponese (dichiarazione, tra l'altro, anche utile per il Ponte sullo Stretto: due piccioni con una fava), equivocando volutamente tra l'energia globale liberata ed i danni alla superficie. Altri parlano di modesti rilasci di radioattività ed invitano a non farsi prendere dalla psicosi collettiva.

Il Governo annuncia che comunque il programma nucleare italiano prosegue, e va avanti con la procedura per l'individuazione dei siti. Per bocca del ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, si conferma che non vi sarà alcuna sospensione, ed il telegrafo di macchina è su “Avanti tutta”, come per il Titanic (ovviamente tenendo il massimo conto della sicurezza dei cittadini o dei passeggeri); si sostiene che non si debba cedere a spinte emotive al riguardo delle notizie in arrivo dal Giappone, e che comunque, non vi sono problemi in quanto le centrali previste in Italia sarebbero state di 3a e non di 2a generazione come a Fukushima.

Intanto iniziano ad arrivare le prese di posizione della Svizzera, della Germania, degli USA, che annunciano la chiusura di impianti nucleari ora in esercizio (quelli più vecchi), l'accantonamento di programmi, o quanto meno una pausa di riflessione al riguardo: in sostanza, atteggiamenti più seriamente, rispetto a quelli italiani, improntati alla consapevolezza della necessità di approfondimenti e verifiche. Il tutto viene commentato dagli ambienti governativi e dal ministro dell'Ambiente affermando che un conto è chiudere vecchi impianti obsoleti, ed un conto è sospendere un progetto di terza generazione quale quello italo-francese. Quindi, si va avanti.

Secondo atto.

Commenti di fonte americana e francese e, soprattutto, provenienti dall' AIEA, fanno capire che la situazione è molto più seria e pericolosa di quanto emerge dai comunicati di Tepco e del governo nipponico. Filtrano notizie circa leggerezze e superficialità nella progettazione, nella gestione dell'impianto e nella valutazione del rischio. Soprattutto, al di là del coraggio dei tecnici presenti, appare una situazione non adeguatamente conosciuta e non adeguatamente controllabile e controllata. Intanto, i presidenti di numerose Regioni italiane, ad iniziare da Vendola, dichiarano che mai si sarebbero realizzate centrali nucleari nelle rispettive regioni. Si sa, Vendola è rosso e verde, e quindi non conta nei ragionamenti del governo; ma quando diversi presidenti di destra rilasciano dichiarazioni analoghe, la faccenda si complica.

E, soprattutto, arrivano i risultati di un sondaggio che dà i contrari al ritorno al nucleare attorno al 70%.

Terzo atto.

Ed allora, udite udite: mai conversione fu più rapida. L'ineffabile Prestigiacomo, la stessa qui citata nel primo Atto, dice: “non facciamo cazzate, non possiamo perdere le elezioni!”. Ma allora, se non vi fosse stato il disastro giapponese, le cazzate non sarebbero state cazzate? E, per contro, se andare avanti col programma nucleare è una cazzata, tutto quel che Berlusconi, Scaiola (prima di trovarsi di fronte ad un rogito notarile con una parte della somma pagata da un ignoto estimatore), ci hanno raccontato, era una cazzata. Oppure, se non vi fossero state elezioni amministrative alle porte, ed i referendum in ballo, la cazzata non sarebbe stata tale?

Questa la commedia nucleare del governo del fare. E gli italiani dovrebbero fidarsi di un governo che governa sulla base dei sondaggi, e fa scelte politiche di fondo, in un senso o nell'altro, non sulla base di un programma sul quale ha chiesto il voto agli elettori, ma solo per il fatto che vi sono elezioni vicine.

Ed il fatto che una sospensione del programma nucleare sia dal mio punto di vista condivisibile, non cambia di una virgola il giudizio sull'operato e sulla qualità ed il metodo di questo governo.

Libia.

Finalmente, e tardivamente, trainato dalla Francia, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU decide di intervenire imponendo la “no-fly zone” sul territorio libico. Decisione spero non resa inutile dall'esser fuori tempo massimo: adottata qualche giorno fa, quando il dittatore libico non controllava che Tripoli, questa delibera, oltre che evitare le vittime e distruzioni di questi ultimi giorni, avrebbe comportato l'immediato collasso del regime libico e la fuga, concordata o meno, del dittatore. A seguito di questa decisione, il Governo italiano dapprima dichiara: basi sì, aerei no; poi, ci ripensa e, dopo aver dichiarato: “faremo la nostra parte”, sembra disponibile a mettere a disposizione mezzi militari.

Ma è dall'insieme di questa vicenda che la troupe governativa (e, purtroppo, insieme ad essa, il nostro Paese), esce malissimo. Dapprima si stipula il “Trattato di amicizia e collaborazione” (anche militare), si riceve con tutti gli onori l'amico Gheddafi, gli si bacia la mano, ottenendo l'unico risultato di consentire ad un criminale di impartirci ridicole lezioni di Islam, di far scorazzare cavalli, di insultarci. Si legittima un regime dittatoriale e che specula sulle traversate transahariane di migliaia di profughi, cercando di portare a casa qualche buon affare. Ci mettiamo in una situazione ridicola ed equivoca nei confronti di Nato ed Europei, i quali, per nostra fortuna, ormai rassegnati alla pochezza del capo-comico, non ci fanno più caso di tanto.

Scoppiata la crisi libica, il governo, non sa che pesci pigliare: da un lato l'amico dittatore appare indifendibile di fronte all'opinione pubblica interna ed esterna. Ma dall'altro, c'è il Trattato da poco ratificato. E se Gheddafi la spuntasse, quali sarebbero le conseguenze? Ma se vincessero gli insorti, cosa succederebbe? Nella cultura politica di questo Governo, ispirata a Bertoldo, la cosa più angosciosa non è quella di scegliere sulla base di convinzioni, ma quella di non sapere chi alla fine sarà il vincitore.

Per giorni e giorni, l'unica preoccupazione al riguardo è stata quella per i temuti arrivi di clandestini, senza tenere in alcun conto i diritti umani e civili del popolo libico. E, per bocca di numerosi esponenti della maggioranza, si è tentato di prendere le distanze dalla rivolta del popolo libico, accostandola a spinte fondamentaliste, quando non si è puntato apertamente sulla vittoria di Gheddafi (intervento di Lamberto Dini).

Così, di fronte alla crescente indignazione internazionale e dell'opinione pubblica interna ed alle prese di posizione americane e francesi, si è inventato il classico espediente italiota: anziché denunciare “de iure”, e motivatamente, il Trattato, il fascista La Russa ci ha spiegato con finezza giuridica che il trattato era “de facto” sospeso, non in virtù di una scelta di merito, ma per il semplice fatto che il delinquente non aveva il controllo del suo Paese. Con l'unico risultato di apparire inaffidabili agli uni ed agli altri, ai vincitori ed ai perdenti, chiunque essi siano.

Cosa che oggi appare con assoluta evidenza, col risultato che, se c'è stato un Paese ininfluente in questa crisi lontana da noi solo un braccio di mare, è proprio il nostro. Ed ora che la comunità internazionale si è finalmente decisa ad intervenire con un'operazione che speriamo non arrivi troppo tardi, e che, proprio a causa della sua tardività, sarà sicuramente più gravosa e rischiosa di quanto lo sarebbe stata se presa subito dopo i primi sterminii, noi, che siamo il Paese più coinvolto nella faccenda, siamo considerati irrilevanti e poco affidabili, visti i precedenti e visto il comportamento seguito.

Resta il fatto che il governo dei comici ha dovuto rimangiarsi tutto, come per il nucleare. Ma allora, qual è la qualità della politica estera di questo governo?

150 anni dell'Unità d'Italia.

Cito da ultimo la celebrazione dei 150 anni dello Stato unitario, perchè nella distanza tra le qualità di coloro che dettero avvio al processo di modernizzazione, liberalizzazione ed unificazione del Paese e quelle di questi signori si sintetizzano le inadeguatezze di una maggioranza e di un esecutivo che, collocandosi al di fuori del percorso culturale e politico che ha preso avvio in quegli anni, è indegna di rappresentare l'Unità ed il progresso del Paese (vedi, ancora una volta, su questo sito: http://www.spazioliblab.it/?p=2723).

E questo giudizio ha avuto la sua conferma nei fischi che sono stati riservati alla troupe, nelle persone di La Russa ed Allemano, e soprattutto al suo capo-comico, in diverse cerimonie pubbliche alle quali hanno presenziato in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell' Unità d'Italia.

Applausi, invece, per Napolitano.

I parlamentari leghisti hanno invece disertato la seduta del Parlamento a Camere congiunte nella quale il Capo dello Stato teneva il suo discorso. Come già ho avuto modo di scrivere, poco importa: è giusto che sia così; è giusto che questi signori non prendano parte ad una cerimonia che non è la loro, e della quale non sono degni; così come è del tutto comprensibile che altri vengano fischiati ed accolti da un coro di “buffone,buffone”, “bunga-bunga”, “dimissioni”. Gli italiani onesti, di destra o di sinistra che siano, non meritano questo governo, che non ha diritto all'uso della maiuscola.

Conclusione: nel giro di un paio di giorni, quattro diversi episodi hanno messo in luce inadeguatezza, pressapochismo, inconsistenza e discredito di questo governo e della maggioranza che lo sostiene.

Gim Cassano (10-03-2011).

lunedì 7 marzo 2011

8 MARZO 2011 Oggi le donne sono più stressate

Dal 4 all'8 marzo si tiene a Caracas (Venezuela) la Conferenza Mondiale delle Donne, iniziativa nata nel 2008 e che ha trovato risposta in tutto il mondo. Anche in Italia molte donne hanno accolto l'idea e questi giorni servono per parlare delle varie problematiche femminili. Anche se è risaputo desidero ricordare che cento anni fa sono morte in una fabbrica 129 operaie per chiedere i loro diritti.
Le tappe attraverso cui le donne hanno affermato il loro ruolo nella società coprono un lungo arco di tempo e, oggi la legge sancisce uguali diritti fra uomo e donna nel campo del lavoro e professionale. Non sempre si rispetta la legge, purtroppo ci sono differenze di trattamento e la lavoratrice viene discriminata ed è costretta a SCEGLIERE tra lavoro e maternità. Secondo una ricerca americana in Italia persiste ancora una notevole disuguaglianza di trattamento fra uomo e donna anche sul piano sociale. In famiglia le donne sono ancora discriminate. In Italia la cura della famiglia e degli anziani rientra ancora prevalentemente tra le incompenze femminili. La donna oggi è molto stressata perchè si deve barcamenare fra diverse attività: lavoro in fabbrica o in ufficio, menage casalingo, fare la spesa, accompagnare i figli a scuola. Sarebbe anche ora che i signori uomini dessero una mano per condividere con le loro compagne la fatica del vivere quotidiano. Soltanto in questo modo le donne si sentiranno un po' meno stressate e stanche. Penso che uomini e donne facciamo parte della stessa umanità e in quei paesi e in quelle famiglie, dove gli uomini mancano di rispetto alle donne non si rendono conto che stanno mancando di rispetto a se stessi. Donne e uomini scegliamo per noi il RISPETTO, l'AIUTO reciproco, l'AMORE con la A maiuscola.


UNA DONNA STANCA


Cade una lacrima
sul viso
di una donna stanca.

Il suo pensiero
corre lontano,
al tempo felice
della sua gioventù.

Quanti progetti!
Voleva volare...
Il mondo tutto
voleva cambiare.

Sono svaniti i suoi ideali:
emancipazione,
uguaglianza e libertà.
Il tempo tutto
ha spazzato via.

Adesso più non sogna,
adesso più non spera
questa donna
sempre più stanca.

Sgobba in ufficio,
lavora ai fornelli,
spolvera, lucida
e ogni tanto... sospira.

A volte...
ricorda il suo passato,
la chitarra, gli amici
e tutto ciò che è stato.

Donna stanca,
fermati un poco.
Se tu ci credi
puoi ancora sognare.

Riprendi la tua vita,
la tua libertà,
il tuo tempo senza età.

martedì 1 febbraio 2011

INQUINAMENTO: PROBLEMA ATTUALE

Le notizie sono allarmanti: il pianeta terra va in rovina, le piogge diventano sempre più acide, il buco nell'ozono si allarga sempre di più. L'inquinamento dei fiumi, dei laghi e del mare è diventata una cosa "normale" nel mondo e anche nella nostra Italia. Gli abitanti del mare stanno scomparendo, continuando di questo passo i nostri nipoti vedranno i pesci solo nei documentari storici.
Il pianeta terra è veramente in pericolo? Il progresso ci ha reso la vita più comoda. Ma a quale prezzo?
Assistiamo impotenti a un "inquinamento da progresso".
Che cosa si è costretti a fare in ossequio al Dio MAMMONA! Qualcosa nel nostro essere sussulta quando scopriamo che i simpatici e tenerissimi pinguini del Polo Sud sono intossicati dal D.D.T e da altri insetticidi, che le farfalle inglesi da bianche diventano nere a causa dello smog, che dopo esplosioni

nucleari il latte delle mucche diventa radioattivo.
Abbiamo assistito qualche anno fa al fenomeno della "mucca pazza". Io mi domando: - E' pazza la mucca o gli uomini che la fanno impazzire? -
E che dire di tutti i morti per cancro nella nostra bellissima isola? Di tutti i lavoratori di Gela, Augusta, Priolo ecc. che sono morti e altri che stanno morendo di tumore perché lavorano in fabbriche altamente nocive e inquinanti? E' questo il prezzo che bisogna pagare per garantire una casa e gli alimenti ai propri famigliari?
Non è una vergogna che In Sicilia (dove il turismo dovrebbe essere più sviluppato) molti bambini stanno nascendo a Gela e a Priolo con gravi malformazioni? Non è una vergogna che in Campania e a Napoli (la bellissima e canora Napoli) si sono accumulate montagne di spazzatura? Cosa fanno i politici locali? Naturalmente pensano soltanto a se stessi e alla loro famiglia, si arrichiscono a più non posso sulle spalle della povera gente.
ATTENZIONE , c'è un detto: Chi di spada ferisce, di spada perisce. Anche voi gestori della cosa pubblica potete ammalarvi di tumore, l'aria quando è infetta lo è per tutti. Perchè allora non cercate di diventare più "intelligenti", pensare al bene dei cittadini e capire che rispettare l'ambiente è una prospettiva migliore dell'arricchimento personale?
Sarebbe bello potere nuotare in un mare limpido, fare un picnic in riva a un fiume e guardare gli alberi riflessi nell'acqua, senza ansia, senza paura di inquinamento atmosferico.

venerdì 7 gennaio 2011

LETTERA APERTA AI POLITICI ITALIANI

Cari Berlusconi, Fini,Casini, Gasparri,Bersani, Veltroni ecc.noi italiani non ne possiamo più di sentire alla Tv e alla radio le vostre insensate esternazioni. Finalmente, dopo un mercato di parlamentari e una caccia all'ultimo voto, il governo Berlusconi il 14 dicembre 2010 ha ottenuto la fiducia. L'attuale governo ha svolto il suo compito nel peggiore dei modi. Tre in condotta è il voto che merita. La sua colpa è gravissima perché è composto da voi signori pagati da noi cittadini molto profumatamente, più dei vostri colleghi francesi e tedeschi.
Cari politici siete stati indegni di rappresentare il paese. Vi abbiamo visto litigare violentemente, fino ad arrivare alle parolacce e allo scontro fisico. Abbiamo visto quello che ha sputato in faccia al collega. Non vi vergognate neppure un poco?
Soprattutto non si può dimenticare che ci avete tolto il diritto di voto. La nostra non è più una vera democrazia. Ce lo ha insegnato Aristotele. Nella democrazia il cittadino sceglie liberamente le persone che lo governano e lo rappresentano. Questo diritto ce lo avete tolto. Uno di voi (promotore della legge) apparve in TV e con un sorriso a trentadue denti e disse: " Questa legge elettorale è una vera schifezza". E' una vera schifezza perchè permette la compravendita dei deputati, perchè con i soldi si può comprare tutto, perfino le coscienze. La legge elettorale va CAMBIATA. Io non posso votare una determinata persona perchè la sua politica corrisponde alle mie aspettative e poi... ritrovare quella persona in un altro schieramento politico.Mi domando: è corretto che noi italiani dobbiamo essere presi per imbecilli? Penso che dopotutto non ci meritiamo di essere trattati così.VOI non ci rappresentate più.
Ci avete pure tolto il diritto di dare voti di preferenza, ci avete lasciato solo quello di votare le liste.

Politici di tutti i partiti
 
Come cittadini italiani esigiamo che la smettiate, non gestite una vostra proprietà, ma una proprietà che appartiene al popolo.

Siate finalmente CREDIBILI e mettetevi una mano sulla coscienza, se ancora ne avete una. Sbagliare è umano ma perseverare nell’errore è diabolico. Chiedete scusa al popolo italiano, cercate di arginare il danno perpetrato ai cittadini. In futuro agite con serietà e onestà se ne siete capaci. Se con questo governo non si può governare, fate subito un'altra legge elettorale e poi... alle urne.Noi italiano vogliamo un governo in cui il premier non sia super indagato e l'opposizione faccia finalmente l'opposizione in modo coeso e senza litigi e rivalità.