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lunedì 23 novembre 2015

La democrazia che vorrei


Di Michelangelo La Rocca

A quasi tre anni dalla mancata vittoria del PD di Bersani alle ultime elezioni politiche, quello che una volta si usava chiamare “il popolo della sinistra” sembra ancora disorientato, incapace di reagire.
Appare come un pugile che, dopo lo shock per la mancata vittoria data per certa dai sondaggi, vorrebbe preparare la rivincita ma appare confusa e priva di un leader capace di farle conquistare un posto dignitoso sul contraddittorio scacchiere della politica italiana.
Speriamo che si tratti solo di una transeunte stagione politica e che prima o poi si sappia riorganizzare per costruire un futuro migliore, degno di un Paese più civile, moderno e veramente democratico.
Sarà difficile, quasi impossibile ma bisognerebbe almeno essere capaci di provarci.
Non facciamoci illusione, la situazione è difficile, al limite dell’impossibile.
Eppure se guardiamo la realtà economica e sociale allora si capisce come la reazione non potrà non esserci.
La reazione dovrà partire dai giovani, le vere vittime di un momento politico che rischia di rubare in modo irreversibile il loro futuro.
Se pensiamo al rischio di un grande conflitto mondiale, al disastroso stato ambientale del Pianeta, alla situazione economica, alle prospettive occupazionali è facile constatare come ce ne sia abbastanza da far tremare le vene ai polsi.
La povertà è una prospettiva certa per larghi strati della popolazione (in particolare quella meridionale), l’occupazione precaria rischia di diventare l’unico scenario occupazionale possibile per le nuove generazioni.
Se la situazione è questa, ed è questa, allora reagire diventa un imperativo categorico per tutti quelli che hanno a cuore le sorti del nostro derelitto Paese.
Chi scrive da quasi 40 anni ha a cuore le sorti della sinistra ed ha seguito, con un approccio unitario, sempre la componente maggioritaria di tutte le scissioni e le trasformazioni che hanno riguardato il vecchio, mai abbastanza rimpianto P.C.I.: ho votato prima P.D.S., poi D.S. ed, infine, P.D.
Ora anch’io ho perso la pazienza, forse pure il mitico Giobbe l’avrebbe persa!
Non mi appassiona il duello tra Renzi e Bersani, non mi interessa sapere cosa divida Fassina da Civati o la Camusso da Landini.
Mentre siamo ad un passo, se non oltre, dalla terza guerra mondiale, loro si punzecchiano a colpi di battute che a volte solo loro capiscono, ammesso che ci sia sempre qualcosa da capire.
Con questa classe dirigente non si va da nessuna parte: aveva ragione, duole ammetterlo, Nanni Moretti!
Ed allora occorre reagire in modo nuovo e diverso: c’è bisogno di nuove forme di democrazia, l’istituto della delega e della rappresentanza non funziona più!
La democrazia ha bisogno di nuove frontiere e la rete web può essere, dovrà essere lo strumento per l’affermazione di una nuova democrazia.
Le decisioni che riguardano tutti devono essere prese da tutti.
La democrazia diretta oggi è possibile: basta volerlo con la necessaria determinazione.
La partecipazione diretta è anche garanzia di contenuti programmatici socialmente avanzati ed eticamente accettabili: il malaffare si afferma quando a decidere sono oligarchie autoreferenziali che purtroppo ormai hanno perso il contatto con la società.
Solo così potremo essere veramente e finalmente fabbri del nostro destino.
Il movimento Cinque Stelle sembrava essersi incamminato verso qualche forma di democrazia diretta ma è rimasto rinchiuso dentro gli angusti confini di un blog ed è riuscito a coinvolgere un numero così ristretto di cittadini da non lasciare intravedere neanche alla lontana una qualche forma di democrazia diretta.
Almeno, però, i penta stellati hanno aperto la strada, ci hanno provato, ma bisogna andare oltre, molto oltre, non limitandosi ad un’opposizione fine a se stessa ed incapace di prefigurare una nuova, moderna ed efficace forza di governo.
La questione è troppo seria per lasciarla alle battute di un comico.
E questo compito spetta alla Sinistra, perché, dopo l’irreversibile deriva centrista del PD di Renzi, nel nostro Paese c’è un grande bisogno di sinistra, c’è un grande spazio politico da riempire.
Se così non dovesse essere ci aspetta un futuro da incubi o, ancora peggio, rischiamo di non avere alcun futuro!

domenica 22 novembre 2015

INQUINAMENTO: un grave problema da risolvere


L’ecologia è una scienza che cerca di individuare quel posto dell’uomo nella natura da cui, oggi, si va allontanando. Gli ecologi lanciano un serio allarme. Sostanze chimiche, perfino micidiali, inventate nei laboratori, circolano nel sistema arterioso delle nostre acque (mari, fiumi laghi) e si addensano nell'atmosfera. I parchi diventano preda della speculazione edilizia. Atmosfera, pinete, mari e fiumi sono i punti cruciali della crisi ecologica che coinvolge tutto il pianeta. Si sono trasformate le zone umide in grandi empori industriali e commerciali, in cloache urbane, sono stati condannati i fiumi delle grandi aree metropolitane. In questo modo assistiamo a un consumo sempre maggiore di ossigeno, assieme alla mancanza di spazi verdi.
Nel quadro del mondo industriale e produttore di rifiuti si inseriscono anche gli abusi edilizi. Questo modo malsano di procedere avviene in tutto il territorio italiano. Non esiste in tutto il nostro territorio un gruppo di coordinamento che sia efficiente. La funzione edilizia in Italia è svolta da mille rigagnoli ministeriali che non potranno mai dare organicità e uniformità ai loro interventi: per cui si continua a costruire in modo dissennato e squilibrato. Oltre a questo problema bisogna fare i conti anche con l’”industria” (si fa per dire) della spazzatura. Notiamo adesso nelle città informi ammassi di rifiuti: una buona parte di questi rimane lungo le rive dei fiumi, lungo le autostrade nei prati oppure (nella peggiore delle ipotesi) accatastati ai margini della città.
Come alternativa a questo schifo ci sono gli inceneritori e ciò che si brucia si trasforma in inquinamento atmosferico: infatti gli impianti di incenerimento nelle città, “regalano” ai cittadini vapori acidi a causa, soprattutto, delle materie plastiche che si trovano nella spazzatura.

Perché Greenpeace è contraria agli inceneritori?
Perché pongono un rischio sanitario - Molti degli inquinanti emessi come le diossine e i furani sono composti cancerogeni e altamente tossici. L’esposizione al cadmio può provocare patologie polmonari ed indurre tumori. Il mercurio, sotto forma di vapore, è dannoso al sistema nervoso centrale ed i suoi composti inorganici agiscono anche a basse concentrazioni.
Spero che gli uomini, avendo preso coscienza ed essendo consapevoli dell’importanza del rapporto individuo-natura, corrano immediatamente ai ripari per non perpetrare più questo scempio che arreca male e dolore all'ambiente e a tutti gli esseri viventi. Un bellissimo giardino si sta trasformando in una colossale discarica. Dovremo vergognarci di appartenere alla categoria degli umani.

domenica 15 novembre 2015

Chi sono gli aderenti all'ISIS?


Di Rosario Amico Roxas

Per combattere un nemico evanescente ma deciso, non bastano le parole roboanti e le minacce, che svaniscono nel nulla se non si conosce a fondo la natura più intima del nemico.
Identificare l’ISIS come “Stato islamico” e coinvolgere l’intero Islam nella identificazione terroristica, peggiora le condizioni di difesa favorendo la tecnica aggressiva che usa come paravento la religione islamica; l’Islam moderato dovrebbe essere l’alleato privilegiato per combattere tali estremismi.
Politici vuoti di ogni capacità critica, ma assillati dall’esigenza di compiacere un elettorato distratto che subisce gli effetti terroristici, proponendo l’identificazione globale Islam = terrorismo; improvvisati predicatori sanciscono tale rapporto e ne fanno un’arma in grado di convincere quel distratto popolo elettore che concede la propria fiducia a chi non è e non sarà mai in grado di gestirla.
Gente come Salvini, Berlusconi, Meloni, Santanchè, Gasparri, ispirati dall’apostata Magdi Allam, semina falsità con un propellente populistico, bisognerebbe proprio interdirli e impedire loro di parlare in pubblico, essendo estremamente perniciosi.
C’è poi un ministro degli interni che non si è mai chiesto: “Chi sono questi terroristi ?”; basta loro dire che si tratta di musulmani, indicando come nemici da abbattere un miliardo e mezzo di fedeli la cui stragrande maggioranza non ha nulla a che vedere con il fenomeno terrorista.
Conoscere il nemico da combattere diventa imperativo, perché si tratta di un nemico del quale si ignora tutto, tranne gli effetti disastrosi che sono in grado di promuovere.
L’ignoranza dell’Occidente è il loro migliore alleato , mentre tale ignoranza viene ammantata da una cultura spicciola, frutto di avvelenati corsi accelerati di odio, come accade con il suggerimento di portare nelle scuole gli scritti di Oriana Fallaci, che scrisse le sue invettive anti-Islam da un comodo attico sulla V Strada a New York , su incarico (ben retribuito) da parte della Casa Bianca, allora in mano a J.W. Bush.
Veniamo alla domanda che i responsabili dovrebbero porsi : “Chi sono gli aderenti all’ISIS ?”
Cominciamo con il dire che non si tratta di uno Stato Islamico e che non si tratta di gruppi isolati, occasionalmente uniti. Non si tratta di Stato Islamico perché non sono islamici e la loro Costituzione non è “Il Corano”in quanto sono ben lontani dal seguirne i precetti, come:
“Ad ogni comunità abbiamo indicato un culto da osservare. E non polemizzino con te in proposito ”Corano Sura XXII Al Hajj (Il Pellegrinaggio) 67-32)
Versetto che invita alla tolleranza dei riti delle altre comunità religiose.
Stante la loro collocazione geopolitica, possiamo dedurre che si tratta di Hashashin termine che fa riferimento ad una delle più antiche sette religiose sorte nel MedioEvo, come interpretazione distorta dell’Islam Coranico; dalla loro identificazione scaturisce il termine “Assassini”, perché dediti a omicidi efferati. Il termine significa “Consumatori di hashish”, droga devastante che si ottiene dalla canapa indiana.
Setta fondata dall’emiro Isma’il ibu Gia’ far, infatti la loro prima identificazione li chiama Isma’iliti, da non confondere con Ismaeliti che identifica tutto il mondo arabo-semita, discendente da Ismaele, figlio di Abramo e della schiava Agar.
Ciò che si ignora è la struttura interna di tale setta, che si tramanda dal tempo delle crociate; come ogni setta ha un capo assoluto, Djebal, o Gran Maestro, meglio conosciuto come “Il Veglio della Montagna” , con prerogative di Monarca assoluto; ruolo adesso ricoperto da Abu Bakr al-Baghdadi.
Come in ogni setta, anche in quella degli Isma’iliti esiste una gerarchia con a capo il Djebal, o Gran Maestro, meglio conosciuto come “Il Veglio della Montagna” e con prerogative di Monarca assoluto.
La setta nacque durante le Crociate e lo scopo era lo stesso degli Ordini dei Cavalieri occidentali: difendere il Santo Sepolcro. Dai Cristiani, però; lo scopo era lo stesso degli Ordini dei Cavalieri occidentali: difendere il Santo Sepolcro. Quindi la loro origine non è lontana dai capisaldi delle Sacre Scritture, con la venerazione di Abramo, la loro discendenza dal figlio di Abramo Ismaele, la difesa del Santo Sepolcro minacciato dalle crociate, con particolare riferimento all’ordine cavalleresco dei Teutonici dai quali appresero la gerarchia interna composta da Gran Maestro, Grande Priore, Priore, frate, scudiero, che in arabo diventa Djebal, Sheik, Daiikebir, dais.
Fu Federico II ad avere maggiori rapporti con gli Ismailiti, già diventati Hashashin, quando si decise a fare la Crociata che il Pontefice gli ordinava; mantenne con loro rapporti diplomatici e permise loro di praticare la loro religione a Gerusalemme, città della quale Federico si era proclamato imperatore.
La setta fu sempre selettiva nell’accettazione di nuovi adepti, che dovevano praticare la più assoluta dedizione al “Veglio”; i giovani, una volta entrati a farne parte, non era più possibile uscirne.
Gli storici hanno sempre condiviso l’idea che alla base della fedeltà al “Veglio”, ci fosse l’uso e l’abuso di sostanze come l’hashish, che schiavizza i seguaci, rendendoli sempre più dipendenti del Gran Maestro.
Il momento storico che li rese famosi è legato al sultano (Djebal), Aloylin, una figura inquietante, dispotica, sadica e crudele.
La storia ci dice che, per legare sempre più a sé i giovani adepti, egli ricorresse ad un espediente profondamente ingannevole. Li drogava con hashish e li faceva vivere per qualche giorno in un luogo di delizie ed incanti, serviti e riveriti da belle fanciulle pronte ad assecondarli in ogni richiesta. Passato l’effetto della droga, i giovani credevano davvero di essere stati in Paradiso, finendo in tal modo di cadere completamente in balia dell’infido Gran Maestro.
Annullata ogni loro volontà e personalità, i giovani adepti erano pronti ad eseguire qualunque ordine del Sultano, per tornare in quel “Paradiso”.
Perfino uccidere o uccidersi.
La tradizione conferma che il sultano (Djebal), per dimostrare ai suoi ospiti occidentali la fedeltà dei suoi guerrieri, offriva loro uno spettacolo agghiacciante: ordinava ad alcuni di loro di gettarsi giù dall’alto della fortezza e sfracellarsi sulle rocce sottostanti.
Ordine che i giovani eseguivano con grida di gioia, convinti di “tornare” in quel Paradiso che avevano conosciuto sotto l’effetto della droga .
Tale metodo si ripete anche oggi, perché solo drogati, svuotati di una propria volontà, possono accettare di sacrificarsi, uccidendo e suicidandosi.
Come per tutte le organizzazioni criminali, anche nel caso di questi terroristi si dovrebbe inseguire la via del denaro e della droga, degli scambi con denaro contro petrolio di contrabbando, acquistato da petrolieri senza scrupoli, nonché lo scambio tra droga e armi, gestito dalle mafie che lucrano sia con le armi che con i pani di droga ottenuti in cambio.