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sabato 29 maggio 2010

DISABILITA' E SOLITUDINE



Davanti a un portatore di handicap siamo colpiti dal suo dramma più evidente, cioè dal suo stato fisico. Difficilmente ci soffermiamo sui problemi psicologici che questo stato comporta.Bisognerebbe cercare di capire la sofferenza e il senso di solitudine e smarrimento che prova l'individuo con handicap. In questa nostra era automatizzata e superveloce, i modelli che ci vengono proposti giornalmente dai mass media sono di persone giovani, belle, forti ed efficienti che sono in grado di superare con un sorriso i vari problemi della vita. Guai ad essere inefficienti, disadattati, a dare l'impressione di non farcela a tenere il ritmo. La società odierna è molto complessa: da una parte ci sono più opportunità rispetto al passato, d'altra parte assistiamo a contraddizioni e difficoltà.

I depressi, i diversamente abili, chi ha difficoltà fisiche o psichiche oggi vivono male la vita di relazione e possono trovarsi in totale isolamento. Esistono categorie di persone che possono sentirsi disorientate, in un mondo ostile e trovare mille difficoltà sul loro cammino. Il portatore di handicap ha bisogno di sentirsi sempre accettato, di avvertire attorno a se quel calore e quell'armonia che solo un affetto costante può dargli. La sola famiglia non basta. Purtroppo i famigliari del disabile, a volte, si isolano e isolano il disabile con quella malattia che sentono come propria. Questo tipo di atteggiamento è deleterio. Nei casi più gravi la disabilità non può essere solo un problema della famiglia, ma dell'intera collettività. E' compito della società evitare che ciò si verifichi facilitando l'intervento del disabile nelle strutture sociali.

Le attuali norme a tutela degli invalidi prevedono l'abbattimento delle barriere architettoniche che possono ostacolare una completa autonomia e la creazione di nuove strutture alternative come, per esempio, rampe accessibili o carrozzine al posto dei gradini, parcheggi e posti riservati sui mezzi pubblici.

Bisognerebbe dare la priorità ai diritti di chi vive in situazione di disabilità. I disabili devono avere possibilità di scelta fra tutti i prodotti che la scienza mette a disposizione della collettività per raggiungere obiettivi di riabilitazione, integrazione e vita indipendente.

Per avere una vita indipendente il portatore di handicap deve potere disporre di mezzi che garantiscono la sua mobilità. Mi riferisco non soltanto alle barriere architettoniche, ma anche ai trasporti. Quello della mobilità è un grande problema perché la libertà di muoversi consente di andare a lavorare, di fare uso del tempo libero, persino di fare sport e di amare nel modo più conveniente. Per la vita indipendente occorre una cultura che consente il diritto all’autodeterminazione.

Nel nostro ordinamento, sebbene l’articolo 3 della Costituzione sancisca l’uguaglianza e la pari dignità di tutti i cittadini, i disabili restano fortemente discriminati nella nostra società.

Per quanto riguarda l'attività sportiva si va attuando una trasformazione per consentire la partecipazione a ogni attività da parte di persone più sfortunate di altre. Non tutti i portatori di handicap sono da ritenere soggetti esclusi dalla vita collettiva. Bisogna ricordare che la Federazione Italiana Sport-handicap annovera tra le sue fila più di 4.000 atleti che si cimentano in sport di carattere agonistico.

Bisogna che ciascuno di noi faccia la sua parte affinché tutte le differenze siano superate e non ci siano più cittadini di serie A e di serie B.

lunedì 3 maggio 2010

DROGA: FUGA DA UNA SOCIETA' SBAGLIATA?


Incomincio a scrivere questo articolo con una domanda:" Chi è il drogato "? E' forse il malato che ha paura del mondo oppure l'illuso che crede di realizzarsi fuggendo dalla realtà? Penso che la droga risponde a un'esigenza di ribellione contro una vita alienante e insoddisfacente. L'attrazione verso le droghe e in particolare verso gli allucinogeni dipende dal grado di consapevolezza con cui si osserva la società, ciò si esprime attraverso il comportamento di ciascun individuo.
Credo che gli individui che si drogano siano di due tipologie:

1) Il malato di mente che sceglie un ruolo masochistico. Questa è l'espressione della paura e dell'insicurezza. È ovvio che questa è la conseguenza di un condizionamento sociale che ha il risultato negativo di non riuscire a creare uomini "liberi" e con una personalità autonoma.

2) L’altro tipo di individuo è colui che pensa che con la droga può realizzare qualcosa e avere una vita diversa o perlomeno non confrontabile con quella “banale” che gli altri uomini vivono giornalmente.

Spesso la necessità di liberarsi da strutture predefinite e lottare contro qualsiasi tabù sociale può portare il giovane a drogarsi. Molti giovani rovinano la loro esistenza rincorrendo “paradisi artificiali” e facendo guadagnare somme spropositate a esseri orrendi senza coscienza, né moralità che non sembrano nemmeno più uomini ma “mostri” nel vero senso della parola.

Dove si trova allora la via d’uscita, il passaggio verso l’innovazione cosciente? E’ necessario che il giovane sia seguito dalla famiglia, dalla scuola e dalla società. Deve essere rispettato e amato per quello che è e non per quello che vorremmo che fosse.

Oggi dilaga il consumo di droghe fra i giovanissimi. Si è abbassata pericolosamente l’età dei consumatori. Questo fenomeno rappresenta un chiaro segno del disagio giovanile. I ragazzi, in questa fase della loro vita, attraversano una crisi esistenziale che sfocia con la condivisione del gruppo e con comportamenti trasgressivi, come il consumo di droga. I più giovani credono di potere essere “indistruttibili” e non si rendono minimamente conto del danno irreversibile che la droga può causare al cervello.

E' ovvio che non tutte le droghe sono uguali: in genere si incomincia a fumare qualche spinello, poi si passa agli allucinogeni. Dopo, queste doghe leggere non bastano più, non provocano più nessuna emozione e allora si passa all' eroina e a tutti quei tipi di droga che si iniettano direttamente nel sangue. Arrivati a questo punto non c'è più niente da fare. A poco a poco il corpo e il cervello perdono energia e vivacità e spesso la morte è preceduta dalla pazzia e da un lungo torpore.

Spero che i giovani capiscano tutto l'orrore che esiste nel fatto di drogarsi e che possono incanalare le loro energie in ideali superiori per cambiare la loro vita e indirizzarla verso il bello e il buono.

E' assolutamente indispensabile per uscire dal tunnel della droga l'aiuto di un psicoterapeuta che guidi il tossicomane nel processo di riabilitazione sociale attraverso il necessario recupero per avere la fiducia in se stesso. A livello sociale, per la prevenzione della droga, è adeguata un’educazione improntata alla solidarietà che rifiuti la repressione e si basi sulla fiducia nei giovani fornendo strumenti adatti al raggiungimento della responsabilità per ottenere una vita libera e autonoma.