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giovedì 22 ottobre 2015

L'antipolitica e scandali all' ITALIANA

di Michelangelo La Rocca

Un nuovo Paese popola il continente europeo, un Paese a forma di stivale situato nel sud del continente ed addormentato sulle tiepide acque del Mediterraneo che somiglia molto alla vecchia Italia, ma che non è l’Italia: piuttosto è ScandalITALIA!


A poco di vent’anni da tangentopoli la crisi morale attanaglia questo Paese quanto, e forse più, della gravissima crisi economica che rischia di portare un’intera nazione ad una drammatica bancarotta dagli incalcolabili esiti.


Tutto questo non succede per caso: le due crisi si intrecciano in modo inestricabile tra di loro così da essere l’una la premessa dell’altra e viceversa.


E’ certo, infatti, che una crisi etica della portata di quella che attraversa l’Italia e la consistente entità del fenomeno corruttivo che ne consegue hanno una valenza economica.


Fiumi di denaro pubblico vengono distratti dalla loro naturale destinazione creando buchi o vere e proprie voragini nei conti pubblici già disastrati e dissestati.


Ormai succede di tutto e di più: ingenti finanziamenti ai partiti distratti nelle più incredibili delle maniere, persino nell’acquisto di lauree falsi o di biancheria intima!


La sanità pubblica è nelle mani di bancarottieri senza scrupoli, noleggiatori di escort che non sanno svegliare le loro coscienze neanche davanti ai drammi di malattie gravi e devastanti.


Per non parlare, poi, del sistema bancario, impenetrabile custode dei segreti del malaffare, che ha fatto prevalere la perfida e corrotta finanza sulla sana economia dei produttori.

E’ di questi ultimi tempi lo scandalo di Mafia Capitale e di questi ultimissimi giorni lo scandalo Anas che ha suscitato lo stupore di magistrati esperti che ne hanno visto di tutti i colori: tant’è, la realtà supera ogni immaginazione, al peggio non c’è mai fine!
Addirittura una dirigente Anas si occupava solo e soltanto della gestione di bustarelle anche se nel carbonaro linguaggio emerso dalle intercettazioni poteva sembrare una raccoglitrice di ciliegie!

In Scandalitalia è successo di tutto, credo che nulla di più e di diverso possa ancora succedere, ma mai dire mai!


Come e perché è potuto succedere tutto questo?


Credo che davanti ad un Paese pieno di metastasi diffuse come quelle prima descritte non si possa parlare di un solo colpevole, ma di tanti, molti colpevoli.


E’ colpevole prima tutto la classe di governo incapace di riformarsi e di rinunciare, tanto più in un momento così drammatico, neanche ad una piccolissima parte degli odiosi privilegi di cui gode.


Nemmeno il preoccupante e dilagante fenomeno dei suicidi provocati dalla lacerante crisi economica li induce ad introdurre un qualche elemento di equità e di giustizia sociale.


Sono colpevoli, poi, i faccendieri di Stato che hanno lucrato ingentissime risorse dalle pubbliche finanze fino a portare il debito pubblico a vette “everestiane”, non correggibili neanche con le cure da cavallo di conio montiano e di quelli degli altri Governi succeduti a Monti.


Ci aspettano mesi da lacrime e sangue che, però, non potranno scalfire di un solo centesimo di euro l’enorme debito pubblico che ormai segue dinamiche perverse ed incorreggibili che, duole dirlo, solo il default potrà arrestare!


Siamo colpevoli, infine, anche noi, quelli che abbiamo sempre lavorato e pagato le tasse, perché abbiamo delegato la vita delle pubbliche istituzioni ad una classe politica abietta, incapace e corrotta.


Sto scivolando nell’antipolitica?


Ho sempre giurato a me stesso che sarei stato l’ultimo ad iscrivermi all’antipolitica e vorrei tenere fede a tale giuramento.


Ma qual è la politica? Dov’è la politica?


E’ negli scandali Anas? E’ nelle squallide storie di Mafia Capitale?


E’ nella miseria dello scandalo degli scontrini che ci ha mostrato una classe politica che percepisce indennità di tutto rispetto, vitalizi di rilevante entità e non riesce a pagare di tasca propria neanche una cena alla propria moglie?


Od ancora negli scandali della Sanità lombarda che si autoproclama sanità d’eccellenza?


Se questa è la politica, rompo gli indugi ed anch’io mi iscrivo all’antipolitica!


Forse, però, quella che, impropriamente e in modo propagandistico, viene chiamata “antipolitica” altro non è che sacrosanta reazione al potere bruto e brutale che si è manifestato negli ultimi decenni, è necessaria protesta contro gli odiosi privilegi della casta, è indispensabile contrasto alla cattiva politica degli ultimi anni.


Se l’” antipolitica” ci potrà aiutare ad avvicinarci alle istituzioni ed alla loro gestione, alla difesa del bene comune ed a rendere la vita dura ed impossibile alla politica del malaffare, allora ben venga anche l’” antipolitica”!


Ben venga, soprattutto, la partecipazione diretta dei cittadini alla gestione della cosa pubblica.


Solo superando la dicotomia tra eletti ed elettori, governanti e governati, amministratori ed amministrati e tra controllori e controllati si potrà uscire dal tunnel in cui ci siamo cacciati e vedere la luce della ripresa che prima che economica dovrà essere etica e politica!

Oggi c’è uno strumento in più che potrà agevolare l’avvento della democrazia diretta: il web, la grande rete mondiale!

Cogliamo questa opportunità, è la nostra, grande, irripetibile occasione: non sprechiamola, potremmo pentircene amaramente!



domenica 18 ottobre 2015

Un uomo onesto, un politico valido: ENRICO BERLINGUER



Di MICHELANGELO LA ROCCA

Sono passati più di 30 anni e sembra ieri, è trascorso più di un trentennio ed il suo pensiero e la sua lezione politica e morale sono più che mai vivi ed attuali.
Anzi, a distanza di così tanto tempo la sua mancanza si avverte sempre di più, il vuoto da lui lasciato sembra sempre più incolmabile.
La statuaria grandezza di Enrico sta tutto in questo dato: è come se il tempo si fosse fermato, più passa il tempo e più sembra essere ancora presente tra di noi.
La sua azione politica svolta in modo schivo, riservato e pudico ha lasciato il segno sia nella politica estera, sia in quella nazionale.
In politica estera si può dire che abbia precorso Gorbaciov ed abbia contribuito ad anticipare la caduta dell’Unione Sovietica, quello Stato che si professava comunista e che più di tutti e più di ogni cosa ha fatto male, molto male al comunismo.

Berlinguer lo comprese in tempo e per tempo prese le distanze da quel regime, ovviamente nei tempi e nei modi che allora gli erano consentiti.
Sembravano tempi lunghi, incerti, contraddittori e, forse, a volte lo erano, ma i suoi tempi scaturivano da un preoccupazione che teneva sempre presente: quella dell’unità del Partito.
Era costante in lui la preoccupazione di portare il partito, tutto il partito, su posizioni di sicura autonomia rispetto all’Unione sovietica, su percorsi democratici ed occidentali.

Se pensiamo in che stato si trova oggi il centro sinistra e la sinistra in tutte le sue componenti, si capisce come e quanto ci sia bisogno di unità e come la lezione di Enrico sia ancora attuale e come sia indispensabile che la classe dirigente della sinistra di oggi assimili e faccia propria una simile lezione se si vuole ridare dignità ad un’area tanto vasta e politicamente composita che aspetta di riconoscersi in un leadership seria, moderna ed unitaria, capace, cioè, di anteporre le sorti della sinistra e del Paese ai i meschini interessi di parte o personali.
Una necessità, questa, attuale ed urgente nel momento in cui nubi minacciose si addensano sui destini del nostro Paese, della nostra democrazia e della nostra libertà.
Purtroppo non ci sono segnali incoraggianti sul fatto che l’attuale classe dirigente del centro sinistra e della sinistra abbia capito ed assimilato la lucida ed esemplare lezione berlingueriana.
Anzi, non sono mancati dirigenti del PDS, prima, e del P.D., poi, che hanno avuto l’impudicizia di affermare che Craxi politicamente aveva sconfitto Berlinguer: bestemmia, grande bestemmia.
Non si confonde, non si può confondere la cronaca con la storia!
Se mai ce ne fosse bisogno le vicende misere e meschine della casta, prima, e della cricca, oggi, sono lì a confermare come Enrico avesse saputo guardare avanti individuando nella questione morale la questione delle questioni e come, invece, Craxi, vero precursore del berlusconismo, abbia posto le basi dell’attuale crisi etica, sociale e politica. Basta leggere qualche passo della famosa intervista a Eugenio Scalfari, pubblicata su “La Repubblica” il 28 luglio 1981 per capire come Berliguer abbai saputo guardare lontano: I partiti non fanno più politica. I partiti hanno degenerato e questa è l’origine dei malanni d’Italia. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune […], sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss”. Credo che una rinascita della sinistra in tutte le sue varie componenti passa necessariamente da una rivisitazione e da una esplicita riabilitazione della vita, dell’opera e del pensiero politico di Enrico Berlinguer, autentico democratico, sincero amico dei lavoratori, innamorato della pulizia morale. Mi piace concludere questo mio ricordo della figura di Enrico Berlinguer con un aneddoto personale. Nel 1983, in occasione del mio matrimonio, mio padre venne a trovarmi in Piemonte ed andammo insieme a sentire un comizio che Enrico tenne in Piazza San Carlo a Torino in occasione delle elezioni politiche che si svolsero in quell’anno. Quella sera mio padre era felice, era come se avesse coronato il sogno della sua vita. Lui bracciante agricolo, comunista da sempre e per sempre, era felice come un cattolico che fa visita al Pontefice. In fondo il PCI per tanti militanti fu la loro Chiesa, il comunismo la loro fede, l’uguaglianza il loro paradiso.
L’anno dopo, purtroppo, a meno di un mese di distanza, morirono entrambi ed io divenni orfano due volte!




domenica 11 ottobre 2015

UNITÀ D'ITALIA - La storia siamo noi?

Di Michelangelo La Rocca

Quattro anni fa abbiamo celebrato il 150° anniversario dell’Unità d’Italia ma manca ancora un vero e proprio senso dello Stato e non manca solo e soltanto tra i cittadini, ma, cosa ancora più grave, manca anche nella classe dirigente sia politica, che burocratica.
Servire lo Stato è un’espressione caduta in disuso, è più facile imbattersi in coloro che si servono dello Stato.
Lo “Stato siamo noi” non lo dice più nessuno e si può anche capire perché.
Rari, anche se non rarissimi, sono i servitori dello Stato che hanno fatto la Storia di questo Paese.
In prima fila le vittime della mafia, ovviamente, che hanno dato senza esitare la propria vita per cercare di estirpare il cancro della mafia dal derelitto corpo del nostro Meridione e della nostra Sicilia in particolare.
Giudici (come Giovanni Falcone, Rosario Livatino, Paolo Borsellino e tanti altri), poliziotti (come Ninni Cassarà, Beppe Montana e tanti altri), Prefetti (Dalla Chiesa su tutti), politici (a cominciare da Pio La Torre e Piersanti Mattarella), preti (come Don Pino Puglisi) ed altri, tantissimi altri.
Un posto di assoluto rilievo tra gli eroi moderni spetta a Giorgio Ambrosoli, l'eroe borghese che non ebbe paura di morire per difendere lo Stato dall’assalto mafioso e ci è toccato sentir dire da statisti, sicuramente di bassa statura, che in fondo la morte Giorgio Ambrosoli se l’era cercata!
Poi ci sono i luminoso esempi di coloro che servendo Dio servono anche lo Stato: su tutti Don Puglisi tra coloro che hanno dovuto sacrificare la vita, Don Ciotti tra i viventi.
Più lungo è, purtroppo, l’elenco di chi dello Stato si serve fino ad approfittarne in modo spudorato e smisurato.
La stagione di tangentopoli, che sembra essersi consumata invano, ci ha detto quanto e come sia diffuso il malcostume della corruzione ed è di questi giorni la notizia che secondo la Corte dei Conti la corruzione è aumentata del 30%.
Quadro allarmante, molto allarmante.
Questo non ci deve far pensare che i funzionari pubblici onesti non esistano.
Esistono, sono tanti, tantissimi e, sicuramente, anche più numerosi dei funzionari disonesti.
C’è da dire, però, che hanno una vita dura, durissima e negli ultimi anni i loro problemi, le loro difficoltà sono cresciute a dismisura.
Il loro cammino può essere equiparato, senza esagerare, alla marcia di un auto contro mano in autostrada o al procedere di una barca nei boschi.
E sarà sempre peggio essendo facile constatare come tra la prima e la seconda repubblica la situazione si sia notevolmente aggravata.
Io appartengo alla generazione di quelli che sono vissuti nel terrore di morire democristiani, ma oggi non ho difficoltà ad ammettere che il morire democristiani, se paragonato al rischio di morire berlusconiani o renziani, sarebbe stato un dolce morire!
Durante la prima repubblica i funzionari onesti ed indipendenti magari non riuscivano a fare una grande carriera, ma venivano rispettati o quanto meno tollerati.
Oggi, invece, il funzionario onesto ed indipendente viene visto come un ostacolo da rimuovere, un male pernicioso da estirpare.
Gli italiani, poi, da buoni e bravi cattolici perdonano tutto: i corrotti, i malversatori, e, persino, coloro che sfruttano la prostituzione minorile; questi ultimi, anzi, trovano sempre un cardinale disposto e disponibile a “contestualizzare” il loro peccato!
Ma c’è una cosa che gli italiani non sono disposti, né disponibili a perdonare mai: l’onestà!
C’è anche una questione di regole!
Ormai anche in Italia si fa sempre più ricorso all’istituto dello “spoil system” che mette la sorte dei pubblici funzionari nelle mani del potere politico che li può rimuovere, promuovere o spostare in modo completamente discrezionale; una discrezionalità senza regole che confina con l’abuso e, spesso, sconfina nell’arbitrio. E questo avviene in contrasto con la nostra carta costituzionale che in modo solenne prevede che “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione”.
Ed appare evidente che una carriera affidata alla totale discrezionalità della sfera politica non garantisce imparzialità, trasparenza e buon andamento.
Una burocrazia indipendente e selezionata in base al merito sarebbe garanzia di indipendenza, terzietà e sarebbe veramente capace di garantire la democratica alternanza del potere politico. Oggi un pubblico funzionario che vuole essere indipendente, imparziale ed onesto deve essere capace di professare l’eroismo e non tutti ne sono capaci e non sarebbe neanche giusto pretenderlo.
Giova ricordare come già Bertolt Brecht avvertisse che è beato quel popolo che non ha bisogno di eroi
E da questo punto di vista (ed anche da altri) si può certo dire che il popolo italiano sia tutt’altro che beato!