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giovedì 22 settembre 2011

Razzismo, odio, paura

Ogni pomeriggio dal mio balcone vedo dei bambini giocare. Il gruppetto è composto da Hajar, una bimba marocchina, Ricky un piccolo rumeno, una cinesina di nome Lynn e Mariangela, una bambina nissena. Il gruppetto è molto rumoroso: questi bambini cantano, saltano, litigano e giocano fra loro. Conosco questi bambini e anche loro mi conoscono, anche perché sono miei vicini di casa. Hajar è la leader del piccolo gruppo, riesce a imporsi e gli altri tre fanno tutti i giochi che vuole lei. Assieme si divertono tanto.

L'altro giorno, però, è successa una cosa spiacevole e antipatica. La mamma di Mariangela è scesa da casa come una furia e prendendo la bambina per un braccio l' ha portata a casa.
Ho chiesto alla signora il motivo di tale comportamento. La sua risposta è stata: - Non voglio che Mariangela prenda brutte malattie. –

- Coosa? – ho detto – ma se è da tanto tempo che giocano assieme? – La signora ha ribadito che prima non capiva a cosa poteva andare incontro la bambina. Come definireste questo atteggiamento? Dire che si tratta di fenomeno “razzista” è poco. Mi domando: cosa spinge una comune mamma, una donna dall’apparenza mite a tirare fuori quest’odio viscerale per scaricarlo su bambini innocenti? Perché il “diverso” fa così tanta paura da scatenare l’odio? Perché non si da ascolto alla ragione?

Realtà virtuale e realtà concreta


Molte potrebbero essere le risposte a questa domanda. L’individuo moderno vive diviso in due realtà. La realtà virtuale si intravede attraverso una magica scatoletta che si chiama televisione. Questa realtà virtuale è formata da tre elementi: ricchezza, bellezza e potenza.

La magica scatoletta ci propina ogni giorno donne bellissime, uomini palestrati, ricchi e potenti, famiglie senza nessun problema sedute attorno a un tavolo a sgranocchiare felicemente biscotti. Sembrano persone provenienti da un altro pianeta. Nell’inconscio dell’individuo comune incomincia a farsi strada un angolino da dove potere incominciare a credere che può benissimo diventare ricco e potente e sua moglie bellissima come Sabrina Ferilli o Maria Grazia Cucinotta. La sua vita può cambiare e anche lui può possedere la fuori serie e la bellissima villa con piscina che hanno i vip.
L’altra realtà è invece vera, concreta e riguarda la vita di tutti i giorni. Si fatica per pagare le bollette, già alla terza settimana finiscono i soldi. Diventa difficile comprare i libri di testo ai figli, diventa un privilegio andare a mangiare una pizza. Le difficoltà sono insormontabili, le mogli sono sciatte e trascurate perché insoddisfatte dall'atteggiamento egoista, adolescenziale e nevrastenico dei loro mariti.

In questo contesto dove la realtà virtuale si scontra violentemente con quella reale, il “diverso” serve per farci sentire superiori e più forti, perché davanti ai vip ci sentiamo piccoli, piccoli. L'extra comunitario è il debole, colui che può essere aggredito facilmente. Ma c'è un altro aspetto da chiarire: lo straniero (marocchino, rumeno, senegalese ecc) col suo carico di miseria e frustrazione e rappresenta l'altra faccia della medaglia. Noi sogniamo la villa con piscina, mentre lui vive in una baracca, noi desideriamo abiti firmati, mentre il "diverso" veste con abiti usati e fuori moda. Le persone comuni sanno che si trovano in una condizione socio economica precaria.

Il "diverso" ha la funzione di specchio, riporta alla triste realtà. Disprezzando l'immigrato, l'individuo di oggi disprezza quello che lui stesso potrebbe diventare. Mentre i potenti portano il mondo verso la rovina, noi perdiamo il nostro tempo impegnandoci in una stupida guerra tra poveri. Cerchiamo di fare lavorare di più il cuore e il cervello se vogliamo vivere in un mondo diverso e migliore.