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giovedì 23 settembre 2010

ELUANA ENGLARO un lungo cammino di civiltà


I riflettori si sono spenti e Eluana Englaro riposa in pace, ma la sua vicenda sta continuando a condizionare il confronto politico e particolarmente l'esame del provvedimento sul testamento biologico. Vogliono cancellare il "diritto di scelta" per tutti i cittadini. Sul testamento biologico è stato votato un testo massimalista. Non c'è stato nessun "punto d'incontro" con gli altri soggetti politici. E' questo il "partito della libertà"? Si sono posti seri limiti alla libertà di cura dei cittadini. Si parla di coscienza ma la libertà di coscienza non può essere invocata a senso unico.
Essere "liberi" non significa essere felici, a volte la scelta è molto dolorosa ma la libertà di pensiero consiste in questo: scegliere, soffrire, vivere o morire  senza che il governo o la Chiesa entrino nel letto dei pazienti. A questo bisogna mettere un argine. Stiamo vivendo una regressione culturale impressionante che è all'origne della nebbia che ci avvolge. Esiste un'informazione devastante che ha le sue origini in questa regressine culturale.
Bisogna riflettere. Beppino Englaro ha fatto pensare molti cittadini, così come aveva fatto Piergiorgio Welby.

La maggioranza ha posto la questione cominciando dall'articolo 1 del disegno di legge, dove si dice: "La Repubblica riconosce il diritto alla vita inviolabile e indispensabile". Non nego che questo discorso sia giusto, ma la disponibilità della propria vita spetta al singolo individuo. La rivoluzione del consenso informato, il ribaltamento della relazione del medico col paziente, l'attribuzione della persona di decidere liberamente della propria vita. Vogliamo negare tutto questo?
Beppino Englaro ha intrapreso una dura battaglia durata 17 anni, io lo ritengo un eroe civile perché non ha preferito nascondersi nella clandestinità. Penso che debba essere un esempio per tutti. Molte menzogne sono state dette in tv tra le quali:
1) Una falsità è dire che l' alimentazione artificiale è una terapia: non lo è.
2) Hanno detto che Beppino Englaro avrebbe richiesto la sospensione della terapia perchè sconvolto dal dolore. Non è vero. Lui afferma che: "Eluana era una ragazza che amava la libertà, diceva sempre che non avrebbe voluto vivere una vita che non è vita. Sono suo padre e voglio rispettare la sua volontà".

E' giusto e sacrosanto rispettare la volontà di una persona, in questo caso di Eluana e suo padre lo ha fatto. La Chiesa cattolica parla di misericordia e, nel contempo, taccia Beppino Englaro di assassinio. Usiamo misericordia verso questo padre che ha sofferto e lottato per 17 anni per porre fine a una tragedia senza speranza.
Desidero terminare questo articolo con le parole pronunciate al sinodo del 1998 della chiesa valdese:" Il medico che si rende disponibile all'eutanasia attiva o passiva al fine di porre fine alle sofferenze e esaudire le richieste del paziente non viola alcuna legge divina, ma compie un gesto umano di profondo rispetto".

mercoledì 1 settembre 2010

IL VOTO ALLE DONNE: Un lungo cammino di civiltà


Bisogna riconoscere che la battaglia per il riconoscimento del diritto di voto alle donne, dall'800 al 1946 è tutta in salita. La questione non trova molti consensi nel mondo politico ai primi del 900. Il debutto del voto femminile avvenne nelle elezioni per la ricostutuzione delle amministrative democratiche che si svolsero dal 10 marzo al 7 aprile 1946 in 5.772 comuni. Le donne parteciparono a questo diritto civile in modo molto massiccio, contribuendo a eleggere le prime consigliere comunali. Ma la vera "prima volta" delle elettrici italiane si ebbe con il voto del 2 giugno per il referendum istituzionale e l'Assemblea costituente.

Circa il 90 per cento delle elettrici si recò alle urne. Tra le prime parlamentari italiane che si batterono affinché la Costituzione sancisse l'uguaglianza giuridica fra i sessi ricordiamo le comuniste Teresa Mattei, Teresa Noce, Nilde Jotti e la socialista Lina Merlin.

Nel 1864 Anna Maria Mozzoni nell'opuscolo LA DONNA E I SUOI RAPPORTI SOCIALI denunciava quanto segue: "La donna ha sempre subito la legge, senza concorrere a farla". In quell'epoca al movimento socialista stava più a cuore la legislazione sociale che non il voto alle donne, considerato un obiettivo borghese.

Nel 1910 la questione del voto alle donne fu al centro di un acceso contrasto fra Filippo Turati e la sua compagna Anna Kuliscioff ; Turati era contrario e Anna Kuliscioff favorevole a impegnare il partito socialista in questa battaglia. Tuttavia nel 1912 alcuni deputati socialisti (tra cui lo stesso Turati) proposero un emendamento per estendere il diritto di voto alle donne. Giolitti considerava il voto alle donne "un salto nel buio" e l'emendamento fu respinto con 209 voti contrari, 48 a favore e 6 astenuti.

La questione tornò di attualità dopo la prima guerra mondiale. Anche il papa Benedetto XV si pronunciò a favore del voto alle donne.
Il 6 settembre 1919 la Camera approvò con174 voti favorevoli e 55 contrari la legge che concedeva il voto alle donne. Prima che il provvedimento fosse approvato dal Senato, si verificò lo scioglimento delle camere. Nella nuova legislatura stesso iter: legge approvata dalla Camera dei deputati, ma il Senato non fece in tempo ad approvare la legge.

La marcia su Roma di Mussolini fece saltare tutto. La primavera del 1946 era ancora molto lontana.